
Il 2 agosto 1994, in un primo pomeriggio arso da un sole che “squaglia” l’asfalto del piccolo borgo che domina Augusta e la sua immonda raffineria, Costanzo Di Dio, tabaccaio e comunista, ha un nuovo scontro con Saverio Pallante, “Sindaco e bastardo in capo dei Proci”, democratico e che lo odia quale avversario politico. Vuole trasformare il suo terreno al mare, la “Saracina”, splendido e lussuoso terreno di olivi e bellezze naturali, in una discarica di rifiuti, e vorrebbe farsi sua moglie Agata, la “fimmina” più bella e desiderata del Borgo. Dopo l’ennesimo alterco e l’ennesima minaccia Costanzo ha un attacco di cuore e muore, lasciando sola Agata, disperata per la perdita del suo unico e grande amore, contro lo strapotere di “Sua Iccillenza” e del suo manipolo di “anime nere”. Costanzo però non riesce ad abbandonare la donna che ama e resta in paese come presenza. Con l’aiuto dei suoi amici, delle “anime rosse” e della purezza genuina di chi non ha peso in quel mondo pettegolo e malevolo: bambini, giovani, donne dotate d’inaspettate doti creative e di coraggio, riesce a controbattere la forza aggressiva del Sindaco senza scrupoli e violento. Una dose di magia e la capacità di credere nel cambiamento, saranno la chiave di volta, che segnerà il passaggio da una realtà becera e soffocante, a un luminoso futuro in cui l’“amurusanza” è il brodo primordiale di ogni accadimento…
Protagonista di questo romanzo è la gente siciliana e la forza della terra in cui vive. Due mondi contrapposti, in antitesi per il modo di essere e di agire, due visioni della vita che si scontrano: quella malevola e irrispettosa, che distrugge e “schifia”, deturpa la bellezza della “Saracina” che è l’emblema della Sicilia stessa; l’altra forza è Agata che simboleggia la purezza, la pulizia, l’ordine, l’amurusanza, la forza della rinascita. Due forze in contrasto: la prima, che sembra prevalere con il suo carico mefitico e di veleni identificata nell’ambiente dalla Raffineria Texo, il cui veleno si insinua nascosto nelle fibre di ogni essere e lo ammala, e l’altra, impersonata da “Occhi janchi”, il sindaco malavitoso e dai suoi scagnozzi. Un piccolo mondo di poche anime che si conoscono tutte, ago della bilancia che si muove per l’uno o per l’altro piatto, ma che di solito, la paura, l’indifferenza, la cattiveria gratuita trasforma in forte strumento delle “anime nere”. In questo sottobosco di malelingue e di violenti, vivono anche le “anime rosse” rappresentate dai bambini figli di uomini delle fazioni contrapposte che diventano amici, dalle donne maltrattate, schiacciate da uomini insulsi e privi di vera forza morale, dal cane bastardino con due occhi diversi, dalle donne reiette perché sole come la “Piangimorti” e la “Majara”, da un pizzico di realismo magico che fa leva sulla sensualità per avere ragione del male, anzi lo usa per vincerlo. Queste sono le forze del cambiamento coraggioso. L’atmosfera del romanzo è movimentata e carica di tensione, imperlata di fatti sorprendenti e di situazioni che divertono, spiazzano e fanno riflettere. La scrittura è molto fluida e accompagna il ritmo veloce della narrazione. I personaggi sono tipi, descritti in poche parole secche, ma che ugualmente riconosci, anche se sono tanti, fino a farti pensare di essere un abitante del borgo, di conoscerli da sempre. I sicilianismi sono comprensibili anche a chi non conosce la lingua dell’Imperatore svevo e la narrazione ha il pregio di riprodurre la parlata dialettale usando però l’italiano, adeguandone la sintassi a quella del dialetto siculo. Una storia briosa, a tratti comica, che si assapora come una cassata che sotto la pasta glassata, lucida nasconde il cuore morbido, intenso e ricco come il messaggio che si nasconde tra le vicissitudini del borgo e dei suoi abitanti, quello del desiderio di emancipazione delle donne e delle comunità civili dal giogo dell’agire mafioso.