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L’angelo custode

L’angelo custode

Il vicequestore Giacomo Chiesa non ha avuto un attimo di pace da quando ha aperto gli occhi e ora dà ordine a due agenti di andare a prelevare un uomo dalla sua abitazione. Si tratta di un pianista da lounge bar - tale Claudio Gatto - che Chiesa decide di lasciare a macerare, una volta condotto in questura, nella sala interrogatori, in attesa di decidere la mossa successiva da compiere. È vero che non ha sufficienti prove per trattenere a lungo quell’uomo, ma quella che ha portato a lui è l’unica pista su cui Chiesa possa contare in un intervallo di tempo così risicato. E d’altra parte, per un tipo di crimine come quello su cui è chiamato a indagare, non ci si può permettere di temporeggiare: occorre dare una svolta alle indagini che sia rapida e incisiva, anche per evitare che una tale atrocità possa ripetersi. È stato ucciso un bambino, nel quartiere San Lorenzo, a Roma. E Gatto sembra l’indiziato perfetto, non fosse altro per quella accusa di pedofilia che, seppure rivelatasi poi falsa, ancora gli pende sulla testa. Chiesa, tuttavia, non lo può trattenere. Non ha prove che lo inchiodino e deve verificare il suo alibi. Prima di lasciarlo andare, tuttavia, gli ha fatto chiaramente capire che gli starà con il fiato sul collo e che prima o poi, con una scusa o con un’altra, riuscirà a incastrarlo. Chiesa è davvero un osso duro: questo Claudio lo capisce benissimo. Non si è certo fatto incantare dai suoi modi gentili e ora ha assolutamente bisogno di qualcuno che possa aiutarlo a uscire da una melma che potrebbe finire per sommergerlo e soffocarlo. Poda, nome d’arte di Daniele Podavite, piccolo spacciatore convinto di avere la stessa aura di Al Pacino in Scarface, lo tranquillizza: ha il nome giusto di chi potrà aiutarlo ad allontanarsi dal rischio di un’accusa davvero troppo infamante. Si tratta di Woodstock: hippie fuori tempo e scapestrato impenitente, è un vero e proprio Sherlock Holmes, vizi compresi. Quando fa uso di droghe, principalmente canne, Woodstock ha il dono di affinare la sua capacità di concentrazione e arrivare a deduzioni cui nessun altro sa avvicinarsi, neppure lontanamente...

Un romanzo d’esordio che centra l’obiettivo; un improbabile investigatore privato che buca la pagina e con il quale si simpatizza all’istante. Leo Giorda - nato e cresciuto a Roma, ma cittadino d’Europa per vocazione - dà vita con Woodstock a un personaggio vincente: maestro elementare, fricchettone e hippie fuori stagione, il quarantenne ha la capacità, quando è sotto l’effetto della marijuana, di vedere ciò che altri non vedono, di scovare i più piccoli indizi e di arrivare alle più improbabili deduzioni che l’uomo mette a servizio degli ultimi, dei derelitti e dei più deboli, aiutandoli a togliersi dai più o meno seri impicci in cui il destino li ha coinvolti. E, per Claudio Gatto, l’aiuto di Woodstock è fondamentale per salvargli la vita: è stato infatti accusato di un delitto raccapricciante e solo le argute intuizioni dell’investigatore sui generis possono evitargli una condanna dura e ingiusta. Non la pensa allo stesso modo il vicequestore Giacomo Chiesa, per il quale Gatto è il colpevole perfetto, colui che può consentirgli di chiudere in fretta un caso troppo sconvolgente per rimanere impunito a lungo. Chiesa e Woodstock sono due facce della stessa necessità di inseguire e scovare la verità: rigido e granitico nelle sue convinzioni il primo, ma capace di riconoscere il guizzo intuitivo del secondo, nascosto sotto uno strato di goffaggine che non riesce tuttavia a nascondere il tormento e la fragilità di un uomo profondamente empatico nei confronti degli ultimi, quelle vite spezzate troppo spesso vittime di immeritati soprusi. Una coppia davvero interessante che si aggira per una capitale in cui, poco oltre la facciata patinata nota ai più, sono nascoste ombre ben più inquietanti. Un’indagine che ha lo stesso ritmo di una rappresentazione cinematografica; una struttura narrativa che, pur richiamando il più classico degli impianti del giallo, ha in sé elementi di novità che svecchiano il genere e appassionano il lettore. Una scrittura carica di colore e priva delle ingenuità che spesso accompagnano gli esordi. Una prima prova davvero convincente.

LEGGI L’INTERVISTA A LEO GIORDA