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L’archivio dei sogni spezzati

L’archivio dei sogni spezzati

Lottie Archer ama il suo Tom. Quando lo ha incontrato per la prima volta - nove mesi or sono al matrimonio della sua migliore amica, Helena - il suo cuore ha preso a fare le capriole. Affascinante ed energico, con un corpo da urlo e un’ottima capacità di ascolto: Tom è il primo dei suoi amanti con il quale Lottie si apre quasi completamente, raccontando della propria infanzia difficile, costellata di abbandoni e continui soggiorni in case famiglia. Tom vive a Roma, Lottie a Londra; la storia a distanza si nutre di telefonate e fugaci weekend romantici finché, proprio durante uno di questi, lui la chiede in sposa. C’è una parte di Lottie che preme per abbandonarsi al rischio: si tratterebbe di un cambio radicale per lei. Nuovo lavoro, nuova città; la prospettiva è seducente ma i dubbi non mancano… E se Tom fosse una specie di Barbablù? In definitiva non lo conosce abbastanza e, in passato, ha fatto ancora l’errore di mettere da parte sogni e ambizioni per inseguire un uomo. La diffidenza dei suoi migliori amici nei riguardi del suo potenziale marito non aiuta: di Tom si sa che vive a Roma da quindici anni; che è impiegato al British Council; che è stato sposato con Claire (ad oggi una sua cara amica) ma non hanno mai avuto figli. E poi? Lottie,tuttavia, decide di seguire l’istinto e il cuore. Ed eccola, novella sposa in procinto di prendere servizio presso l’Archivio degli Espatriati di Roma, fondato nei primi anni ‘60 da un generale americano in pensione “a caccia di ricordi”. Quante storie, in quelle vecchie carte. Trasudano sofferenza, sacrificio, solitudine, morte. Ce n’è una in particolare che attira l'attenzione di Lottie; impossibile per lei staccarsi dalle pagine di quel diario: Nina Lawrence era inglese come lei. Trapiantata a Roma come lei. Vittima di un amore impossibile, straniera in una città sconosciuta che dietro ad un grande fascino nasconde un lato oscuro e molti, molti segreti. Nina era una spia, ed erano gli anni di piombo in Italia: le stragi, le Brigate Rosse, il sequestro Moro, Gladio, le macchinazioni sotterranee della CIA per scongiurare l’avanzata del comunismo, le ingerenze del Vaticano. Quali intrighi si nascondono dietro la morte di una donna che sembra avere un’affinità speciale con Lottie? Nina è morta da sola, e nessuno l’ha accompagnata nel suo ultimo viaggio. Adesso però è giunta l’ora di fare giustizia…

Quante emozioni si nascondono tra le carte polverose di un archivio, custode di sogni e speranze (purtroppo interrotte in questo caso): dopo l’esordio in Italia con Il museo delle promesse infrante, ecco L’archivio dei sogni spezzati, con il quale Elizabeth Buchan (autrice britannica nata nel Surrey e residente a Londra) ribadisce la potenza del ricordo, delle connessioni invisibili tra le persone, e la forza della Storia, capace di plasmare il mondo e le vite di ognuno di noi in modo irreversibile. Scrittura chiara e lineare, e una buona dose di suspence, la Buchan ci regala un grande mistero che Lottie, la sua risoluta protagonista, è fermamente decisa a risolvere. Un mistero che si dipana a cavallo tra due epoche, una delle quali, contrapposta a quella odierna, ci riporta agli anni ‘70, a pagine oscure e infelici della storia del nostro Paese, colme di enigmi tutt’oggi - e forse per l’eternità - impossibili da decifrare. Roma non è solo uno sfondo nel romanzo; Roma è il fulcro, il centro di tutto: della bellezza, della “dolce vita”, del mistero, del potere. A spasso per i suoi vicoli, sorseggiando caffè nei locali più caratteristici, a colloquio con ambigui personaggi. All’interno dei suoi palazzi millenari, dentro le stanze del potere, c’é chi decide dell’altrui destino; ed è successo così anche per Nina, una donna solitaria che non poteva amare nessuno, non alla luce del sole. E invece si era innamorata, per di più di un giovane prete… Un libro godibile nel complesso, con qualche nota stonata: la caratterizzazione dei personaggi, così come il particolare contesto storico italiano degli anni ‘70, non sono approfonditi a sufficienza; e la descrizione degli italiani è costantemente infarcita di fastidiosi luoghi comuni. La storia si fa leggere, ma non riesce ad entusiasmare fino in fondo.