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Latte Sangue Fuoco

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Sedute sul cornicione, al decimo piano dell’albergo, Kiera e Ava mangiano la torta direttamente con le mani lasciando i piedi a penzoloni nel vuoto. Da lassù, tutto sembra piccolissimo e a portata di mano. Quando la torta finisce, Kiera lascia scivolare il suo piatto di carta e Ava la imita: mentre li guardano librarsi dolcemente in aria e poi, pian piano, scendere verso terra, Kiera si alza in piedi. “Com’è cadere da un tetto?” chiede, mentre Ava è di spalle e non la vede fare un salto nel vuoto… Seduto al bancone, Fred aspetta che Hilda lo guardi per dare inizio al solito rituale che ormai si compie ogni settimana. Di martedì l’Albatros è tranquillo ed è per quello che piace a Fred. Un attimo di pace prima di tornare a casa da Gloria e affrontare quello che non vuole; o almeno non nel modo in cui vorrebbe lui. Lì invece, seduto mentre guarda Hilda passare lo straccio sul bancone - immagina di poter passare uno dei cubetti di ghiaccio che galleggiano nel suo whisky sulla sua colonna vertebrale – ha ancora la percezione di poter esser lui a decidere della sua vita; come se, in qualche modo, potesse ancora avere un minimo di influenza su quello che gli sta capitando… Cecelia non sente suo fratello Lucas da anni. Eppure vivono nella stessa città, a pochi chilometri l’uno dall’altra. Da piccoli erano inseparabili, poi ci si è messa la vita degli adulti a separarli. E nemmeno la morte del loro padre li ha riuniti. Non ancora, almeno. Sua madre l’ha chiamata pochi minuti prima per spronarla a contattarlo e mettere fine a quella storia durata ormai troppi anni. “Cecelia, è passato troppo tempo. E tuo padre ha bisogno di riposare in pace. Ne abbiamo bisogno tutti”…

È un esordio che difficilmente si dimentica, quello di Dantiel W. Moniz con Latte Sangue Fuoco. Undici racconti, di diversa lunghezza e diversi protagonisti, per raccontare sprazzi di vita e di morte che entrano prepotentemente nella memoria del lettore e li ci restano per lungo tempo. Filo conduttore dei racconti, la presenza femminile, unica e vera protagonista. A essere rappresentate dalla Moniz sono madri, amiche, sorelle e figlie che affrontano piccole e grande difficoltà quotidiane: dalla paura della maternità a quella portata dalle malattie terminali, passando per il desiderio di scoprire cosa c’è dopo la morte fino alla decisione di (non) affrontare un passato nel quale un padre da protettore è diventato aguzzino. Con una scrittura tagliente che giunge direttamente al cuore della questione, la Moniz porta su carta la consapevolezza che vivere vuol dire anche affrontare la rabbia, il dolore, la vergogna, la crudeltà, la paura e la gioia. “Prima dei tredici anni non si era mai resa conto che il vuoto fosse una cosa che si può portare dentro di sé. Ma chi ce lo ha messo? A volte si chiede se riuscirà mai a sbarazzarsene, altre volte pensa che non vorrebbe mai separarsi da quella cosa, perché è sua”. Candidato già a diversi premi letterari tra i quali il PEN/ Jean Stein, il Dylan Thomas Prize e inserito nelle classiche dei migliori libri del 2021 da “Time” e dal “Washington Post”, Latte Sangue Fuoco riflette sulla imprevedibilità della vita, su quello che vuol dire affrontare il proprio io più profondo …e qualche volta anche accettarlo.