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L’autistico e il piccione viaggiatore

L’autistico e il piccione viaggiatore
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L’Olanda è un Paese ricco di segreti e, tra questi, vi è quello che gli olandesi prendono le loro decisioni cruciali in bicicletta. Non è un caso che la quasi diciottenne Janine prese, appunto in bicicletta, la decisione relativa al bimbo che teneva in grembo. Decise di tenerlo anche se ciò avrebbe significato non solo essere una madre, ma anche essere un padre e – pensando ai suoi genitori e al loro senso religioso – anche un nonno e una nonna: ecco, una famiglia intera sarebbe dovuta diventare. Sì, famiglia, una parola che non aveva certo un suono buffo e forse nemmeno serio, ma certamente era una parola carica di responsabilità. Fu così che quel bimbo, concepito in modo particolare, venne al mondo superando i tre chili di peso. Geert, il suo nome. A Janine con la crescita di Geert non poteva sfuggire certo il fatto che avesse delle stranezze: sbatteva frequentemente la testa, prendeva tutto alla lettera: “bisognava che tutto andasse come lui si aspettava, altrimenti si confondeva ed entrava nel panico”. Per non parlare della sua difficoltà ad avere rapporti con le persone a cui si contrapponeva la sua grande capacità di instaurare rapporti con gli oggetti del negozio dell’usato: era quello il suo mondo. Quel mondo che per lui cambiò meravigliosamente quando tra le tante cose trovò, in mezzo agli scatoloni polverosi, un violino Stradivari del 1713…

L’autistico e il piccione viaggiatore fa parte della collana Altriarabi Migranti, contenente opere di giovani europei di origine araba il cui scopo è quello di favorire il dibattito sull’integrazione e contrastare ogni forma di xenofobia e posizioni islamofobiche. Temi questi ben noti all’autore che, fuggito dal suo Paese – l’Iraq – si è rifugiato in Olanda lottando per anni al fine di ottenere il diritto d’asilo. Gli aspetti, pertanto, dell’emarginazione, dei migranti, dell’isolamento sono tutti presenti in questo romanzo che ha il sapore di una fiaba moderna e sono pienamente rappresentati dal giovane protagonista, un “diverso” che non riesce ad amalgamarsi nella società inidonea com’è ad accogliere ciò che non riconosce o non conosce già. Non ci si può non affezionare a Geert che certamente è un escluso e che, quasi inconsapevolmente, riesce a costruirsi un mondo speciale instaurando rapporti intensi con gli oggetti riuscendo, in qualche modo, a farli parlare creando così forme di comunicazione nuove e atipiche. Un libro tenero, ironico, persino divertente, che affronta le difficoltà e le emarginazioni con leggerezza senza mai essere banale, regalandoci un messaggio positivo carico di speranza: dimostrando come anche dalla polvere di un magazzino possano scaturire melodie benefiche.