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Le amiche che volevi

Le amiche che volevi

Shay Miller è arrivata a 31 anni senza un fidanzato. Oh sì, si è innamorata parecchie volte ed è innamorata anche di Sean, il ragazzo che condivide con lei l’appartamento di New York. Pensava di essere ricambiata, finché non è comparsa Jody e allora addio alle maratone di Netflix bevendo birra e mangiando cinese! Per di più ora è stata licenziata e sta cercando un lavoro. È per lasciare Sean e Jody soli a far colazione insieme che si ritrova ad assistere al suicidio di una donna più o meno della sua età che si getta sotto la metropolitana. Lo sguardo di quella donna perseguita Shay: non disperato, ma vuoto. Amanda Evinger, questo il nome, si è tolta la vita a 29 anni, era single e non aveva figli. Viveva in un monolocale non lontano da lì, ma passava tutte le sue giornate al pronto soccorso del City Hospital. Era un’infermiera e svolgeva un lavoro così logorante e frenetico che le impediva di avere un qualsiasi legame, anche con i colleghi di lavoro. Ma un’amicizia c’era, ed è quella con le due sorelle Cassandra e Jane Moore. Non appena vengono a sapere del suicidio della loro amica, prendono la chiave di riserva del suo appartamento ed entrano per prendere il suo laptop e vedere se ha lasciato messaggi o indizi. Il cellulare di Amanda è, invece, andato distrutto nell’impatto con la metropolitana. Attraverso il computer della giovane hanno accesso a molti nominativi e contatti dell’infermiera che useranno per la commemorazione che stanno organizzando per il giovedì successivo. Un registro, che sarà posto all’ingresso della sala, le aiuterà a raccogliere ulteriori nominativi. Ma sono delle buone amiche?

C’è molto su cui riflettere quando si arriva alla fine di queste quattrocento pagine e oltre che si leggono tutte d’un fiato, perché ognuno di noi in un momento particolare della vita, può cadere vittima di raggiri psicologici. E non si tratta solo di storie d’amore con persone fake, raggiri in cui le donne possono rimanere più facilmente invischiate perché colpite dalla parte del cuore in un periodo di solitudine o altro ma nelle quali, al limite, soffre solo il portafogli o il conto in banca (non che questo non sia grave, per carità). Qui c’è decisamente di peggio. Da una parte c’è l’ingenuità totale, il fidarsi a ogni costo, quasi non vedendo o non volendo dare peso al pericolo e ai campanelli d’allarme che suonano, dall’altra c’è il raggiro di una mente diabolica, capace di gestire persone, certo non eccelse, ma sicuramente succubi, al punto tale da condividerne i piani perversi e le nefandezze, per vendette solo apparentemente dimenticate. Ne scaturisce, così, un thriller psicologico che attrae fino all’ultima parola, anche perché solo alla fine, come è giusto che sia, si ritrova il bandolo dell’intera matassa, tra un andirivieni spazio-temporale che permette di posizionare tutte le tessere del mosaico al posto giusto, inquadrando sempre meglio la situazione. E quella che solo apparentemente veniva pensata come la sempliciotta di turno (ma anche definita, per convenienza, una persona pericolosa), butta all’aria le carte di tutti e scopre gli inganni.