
Sul pianeta Iszm le case sono complessi organismi vegetali che i nativi – dopo millenni – hanno imparato ad “addestrare” per soddisfare i propri bisogni e i propri piaceri, fino ad arrivare a un livello di lusso incredibile. Come è naturale, tutti vorrebbero portare sul proprio pianeta simili meravigliosi organismi, ma a nessuno è permesso, tranne che a un commerciante terrestre, K. Penche, che ha ricevuto in concessione la vendita di pochi, umili modelli di alberi-casa e – nonostante si tratti di dimore che su Iszm sono riservate alle classi inferiori – grazie a questo commercio è diventato ricchissimo. È quindi scontato che su Iszm sbarchino un’enorme quantità di aspiranti ladri di semi o germogli di alberi-casa: e infatti ne giungono da ogni parte dell’universo conosciuto, ma tutti falliscono grazie alle severissime, paranoiche norme di sicurezza degli Iszici e tutti uno dopo l’altro finiscono rinchiusi in manicomio. Gli abitanti di Iszm (che a differenza degli umani non sono mammiferi, ma rettili) tuttavia sono realisti, sanno che arriverà il giorno – domani, fra un anno, un secolo o mille anni – in cui perderanno il monopolio sugli alberi-casa ma, pur non illudendosi, da fanatici custodi di quel monopolio fanno di tutto per rimandare quel giorno il più possibile. Su Iszm giunge a bordo dell’astronave “Eubert Honoré” un botanico terrestre di nome Ailie Farr che, in licenza di studio, ha deciso di visitare quel mondo in cui la vita delle piante è così importante per la civiltà. Al suo arrivo due Szecr, agenti della polizia speciale, lo prendono in consegna e lo sottopongono a un duro interrogatorio. Tutti i suoi vestiti e gli oggetti personali vengono requisiti e gli vengono forniti “gli equivalenti iszici”, gli viene iniettato un “irradiante innocuo” che permetterà agli Szecr di sapere esattamente dove si trova Farr in ogni momento. Espletate altre cervellotiche formalità burocratiche che portano via ore, al botanico viene permesso di scendere a terra. Per una settimana Farr bighellona per viali e canali, seguito sempre a distanza da almeno tre agenti Szecr, finché non decide di affittare un battello e recarsi al bellissimo atollo di Tjiere…
Apparso sotto forma di racconto nel 1954 sulla rivista “Startling Stories”, stampato dieci anni dopo in versione ampliata dalla Ace Books nella curiosa forma di libro-split assieme a Il figlio dell’albero e infine pubblicato nel 1974 da solo nella versione giunta fino a noi, questo Le case di Iszm è una breve spy-story ambientata in una società aliena complessa e fascinosa – il marchio di fabbrica di Jack Vance – in cui il protagonista si muove con difficoltà, non solo per il gap culturale stavolta ma perché le autorità di Iszm lo sospettano fortemente di essere una pedina in un complotto per rubare semi di alberi-casa. Basterebbe infatti portare fuori da Iszm un solo seme di albero-casa femmina per spezzare il monopolio millenario degli Iszici. Gli agenti Szecr sembrano per qualche ragione sicuri che Farr Sainh, come lo chiamano loro, sia un ladro o una spia, ma lui è invece sicuro della propria innocenza e buona fede: chi ha ragione? Vance ce lo svela in un finale che non ha nulla da invidiare ad un film di Alfred Hitchcock e che chiude con una insolita tinta noir un romanzo forse non tra i più riusciti di Jack Vance ma comunque godibilissimo. Un apologo sul commercio, sull’etica e sulle differenze sociali in salsa giallo-fantascientifica che forse meriterebbe una riedizione dopo questa datata 1985 nei Classici Urania. Risibile e irritante la sinossi in quarta di copertina, come spesso purtroppo accade.