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Le distrazioni

ledistrazioni

Roma, novembre, ore 13:15. Dal parco del Villaggio Olimpico Viola prova ripetutamente a chiamare Paolo, in ritardo di 40 minuti: hanno un appuntamento “staffetta”, Paolo dovrebbe arrivare e Viola andare via, alla agognata lezione di yoga con la sua amica Dora, tutto mentre il loro piccolo figlio Elia è di spalle a giocare sul pavimento gommoso del parco. L’effetto sorpresa di trovare il papà al posto della mamma (o viceversa) fa sorridere il bambino, invece di farlo disperare per l’allontanamento del padre o della madre. E quindi staffetta sia... Quando finalmente Viola vede arrivare Paolo ha un sussulto: i suoi baffi sono scomparsi. Li ha tagliati. Erano i baffi che si era fatto crescere all’inizio della loro relazione. I loro baffi. E ora non ci sono più. Viola non aspetta neanche il loro consueto scambio di sguardi: l’attesa logorante, il pensiero di quanto siano lontani ora, il volto di Paolo che non gli somiglia più la fanno alzare di scatto e andare via. Paolo è al cellulare, vede Viola ma è convinto che lei non si sia accorta del suo arrivo. Al telefono il suo socio gli dice che deve tornare subito in ufficio, un cliente del loro studio legale è indagato, gli dà dieci minuti per esser lì. Paolo gira su se stesso e torna alla macchina, mentre Elia rimane ignaro a giocare nel parco. Da solo…

“Quante cose si possono perdere in una vita? Non c’è confine alla perdita se non esiste un argine. E lui lo sa bene, se non si fossero arresi, se non avessero smesso di sapere dov’erano, ora Elia sarebbe lì. Nel presepe tiepido dei cuori secchi”. Al suo sesto romanzo (dopo Lasciami andare, Ti ascolto, Rewind, Notturno salentino, Le imperfette) Federica De Paolis torna a parlarci di una coppia: lo fa alternando in modo lucido e simmetrico il punto di vista di Viola a quello di Paolo, seguendo due movimenti e versi della narrazione della storia, verso un finale potente, intenso e inaspettato. Il primo movimento li segue nel presente della ricerca di Elia, l’altro li porta nel passato, sempre alla ricerca ma di qualcosa di diverso: quel punto preciso in cui qualcosa si è incrinato, creando una minuscola faglia che un pomeriggio di novembre si trasforma in terremoto. Incontriamo Paolo e Viola proprio qui: mentre si danno le spalle e vanno in direzioni opposte. Al centro, rimane Elia. Da questo momento, e per molte pagine, a sapere che Elia è rimasto solo al parco è il lettore. Paolo e Viola sono immersi ciascuno nei propri pensieri, nella propria vita. Viola alla lezione di yoga con Dora, il suo ossigeno, Paolo alle prese con avvisi di garanzia e discariche che prendono fuoco. La scrittura di Federica De Paolis riesce a cogliere con la nitidezza e il realismo di una fotografia (il romanzo si svolge in una giornata) l’esistenza di una normale coppia nel momento in cui qualcosa di deflagrante accade nelle loro vite e ne squarcia la superficie illuminandone tutti i dettagli. L’autrice si mette sul limitare di queste voragini e non ha paura di guardarci dentro e raccontarci quello che vede: la difficoltà di diventare genitori attraverso la fecondazione assistita, una coppia che si allontana dopo la nascita di un figlio tanto voluto, un grave incidente al nono mese di gravidanza che permea l’esperienza della maternità di Viola e ne trasforma i ricordi in fantasmagorie, la depressione. E, infine, le distrazioni. Quei pensieri invadenti e intrusivi che si sostituiscono alla realtà e hanno il potere di farci distaccare e dissociare da quello che ci circonda: perché è troppo doloroso, perché è insostenibile, perché non c’è altra scelta, perché non c’è altro modo.