
Milano, 26 dicembre 1833. La morte è una cosa lontana per un quattordicenne. Muoiono i vecchi, muoiono gli altri. Vedere un cadavere è una specie di gioco, una prova di coraggio. Ecco perché il giovane figlio di Teresa Borri è così eccitato mentre si abbottona il cappotto e prende dal tavolo il suo album da disegno. Sua madre e la nonna Mimi si stanno recando in via del Morone, a casa Manzoni, dove Enrichetta Blondel, la moglie di Alessandro, è esposta nell’attesa dei funerali che si svolgeranno il giorno successivo in San Fedele. In giro si dice che la morta assomigli a un angelo addormentato e il ragazzino vuole chiedere al signor Manzoni - magari facendosi aiutare dall’avvocato Tommaso Grossi, amico sia del vedovo che di nonna Mimi - il permesso per ritrarla. Sarebbe un’eccezionale esercitazione per lui. La madre e la nonna, tuttavia, non sono dello stesso suo avviso: ritengono che il vedovo, in un momento tanto difficile, non vada assolutamente importunato con richieste tanto assurde come quella di ritrarre la donna con cui ha trascorso un quarto di secolo. Teresa conosce molto bene il tormento che abita l’animo di chi è appena rimasto vedovo: la stessa sorte è toccata a lei parecchi anni prima, quando il figlio aveva solo un anno e suo marito Decio, sposato da nemmeno due anni, le è spirato tra le braccia. Per fortuna, il figlio non serba alcun ricordo della veglia funebre organizzata all’epoca per il padre e non può ancora sapere che, in una circostanza tanto tragica, non è affatto il caso di disturbare i parenti del defunto, e men che meno il vedovo, con richieste assurde, come quella di un disegnatore alle prime armi che intende esercitarsi. Fuori dalla finestra scendono grossi fiocchi di neve a formare un tappeto croccante, che ben si addice alle feste di Natale. Tutto è ovattato: le ruote delle carrozze, lo scalpiccio dei passanti, le grida dei venditori lungo le strade. Tutto risulta così attutito da sembrare che il mondo intero sia in lutto per la perdita della moglie di Alessandro Manzoni, morta da meno di ventiquattro ore: alle otto della sera di Natale, all’età di quarantadue anni…
La voce di Teresa Borri vedova Stampa, io narrante del romanzo di Marina Marazza, nel momento in cui racconta la sua vicenda si fa voce universale di ogni donna che ama in maniera talmente eccessiva da rendere il sentimento che dovrebbe donare benessere e gioia un vero e proprio cancro, capace di distruggere. Attraverso una ricerca approfondita e particolareggiata di fonti, che le hanno concesso di romanzare in maniera eccellente uno scampolo di vita di Alessandro Manzoni e delle sue due mogli, la Marazza offre al lettore uno spaccato della società vecchio di due secoli, ma vividissimo. Si tratta di un periodo storico caratterizzato da eventi rilevanti – l’affermazione del Regno d’Italia per citarne uno tra tanti - mostrati dall’autrice attraverso la figura di un grande autore dell’epoca che si muove tra pratiche quotidiane e dettagli di vita capaci di raccontare gli anni avventurosi del nostro Paese, impegnato alla ricerca di un’identità nazionale. Mentre in sottofondo, quindi, importanti eventi storici segnano il destino della nazione, Teresa si ritrova sposata in seconde nozze a un uomo con cui non è affatto facile convivere, in quanto, come affermato dalla stessa autrice: “Gli piace bere vino, non riesce a stare senza il ses¬so, è un chocolate addicted, è un camminatore compulsivo, si spa¬venta a morte per un nonnulla e soffre di balbuzie. Ed è il primo a riconoscere tutti i suoi difetti, basta leggere quel che ha scritto quan¬do gli hanno proposto di diventare deputato e poi senatore: spieta¬to con sé stesso, lucido, ma anche indulgente. Anche in questo caso non è colpa sua: è la volontà di Dio, è Dio che lo ha fatto così”. A gettar benzina sul fuoco si aggiunge poi la presenza di Giulia Beccaria, suocera bigotta e ingombrante per Teresa, che viene spesso paragonata a Enrichetta Blondel - la compianta prima moglie di Manzoni il cui ricorda aleggia pesantemente in tutta la vicenda - e, naturalmente, esce sempre sconfitta dal confronto. Sono tempi duri, quindi, quelli che Teresa affronta e solo un amore sconfinato – e non certo equilibrato – nei confronti di un marito tanto complesso può aiutarla a non cedere e a mantenere viva la fiamma di un sentimento nel quale la donna vuole continuare a credere ciecamente. L’autrice mostra in ogni pagina la maestria con cui ha saputo trasformare in storia godibile e avvincente l’imponente quantità di materiale a cui ha attinto; riesce perfettamente nell’intento di mostrare in una nuova luce – meno eroica e più imperfetta, quindi più umana – un personaggio così popolare come Manzoni e sa raccontare un’epoca e i suoi cambiamenti attraverso i personaggi che tale epoca la abitano e la vivono appieno. Un libro consigliato a chiunque cerchi nel romanzo storico il mix perfetto tra informazioni documentate e pura narrazione.