
2020: nei dintorni di Oslo viene trovato il cadavere di una ragazza intorno ai 15 anni, violentata e resa irriconoscibile: nelle modalità dell’omicidio vi sono molti particolari che richiamano altri tre assassinii, commessi però ben sedici anni prima, nel 2004. Il commissario Bergmann, che a quei tempi – quando era ancora un poliziotto alle prime armi - si era trovato a partecipare alle indagini e in qualche modo anche a lasciarsi coinvolgere dalle emozioni relative all’ultimo di quei casi, l’omicidio della quindicenne Kristiane, viene di nuovo implicato nel tentativo di soluzione di quello che appare da subito un rompicapo, ulteriormente complicato dalla scarsità - e dalla lontananza nel tempo - degli indizi acquisiti. Già, perché Andreas Rask, ex insegnante di Kristiane, quasi certamente pedofilo, non può essere l’autore di quell’ulteriore omicidio identico ai precedenti tre, perché è in galera proprio per essere stato condannato per quei crimini. Bergmann riesce così a far riaprire il processo sull’uccisione di Kristiane. Quel che risulta via via certo è che bisogna concentrarsi sull’ultima sera di vita della ragazzina e sulle stranezze comportamentali di sua madre, Elizabeth, che al momento della morte della figlia aveva anche cercato di togliersi la vita, ma la cui bellezza matura ha un forte ascendente sul commissario…
Il protagonista si troverà a investigare nel passato di molti personaggi (un altro ex insegnante di Kristiane; l’ambigua e già citata madre Elizabeth; l’amante di quest’ultima, dai gusti violentemente sadomasochistici; il primario di psichiatria che ha in cura Rask presso l’ospedale psichiatrico giudiziario; infine il figliastro di Elizabeth, dunque fratellastro di Kristiane, col quale qualcuno mormora quest’ultima abbia avuto un rapporto inconsapevolmente incestuoso, visto che non sapeva che la mamma avesse generato un altro figlio con l’amante); ciascuno di essi ha qualcosa da nascondere ed è perciò ambiguo e parziale nelle proprie ricostruzioni, tanto che l’insieme di esse determina un vero e proprio dedalo apparentemente senza via d’uscita, dal quale Bergmann potrà emergere vittorioso solo grazie al concreto aiuto della coraggiosa collega Susanne. Thriller piuttosto inconsueto nelle scelte narrative, pur del tutto inseribile, quanto ad atmosfera, nell’ormai cospicuo filone del giallo/thriller scandinavo, seguito sin dagli esordi con profonda attenzione e fortuna, in Italia, proprio dalla Marsilio. Il romanzo concentra i propri punti di forza sull’approfondimento psicologico – che diventa spesso psicanalitico – dei personaggi, compreso il protagonista che ha anch’egli alle spalle una storia, sia pur meno grave rispetto ad altri personaggi, di violenze inferte alla propria ex partner. Si perdona, quale peccato veniale, a fronte della buona dose di colpi di scena ed emozioni forti che permeano tutta la seconda metà del libro, qualche autocompiacimento nell’intricare fin troppo il tessuto narrativo sia con personaggi sia con situazioni che alla resa dei conti non risultano sempre davvero influenti nell’economia della storia. Meno apocalittico e più hitchcockiano rispetto a Stieg Larsson, meno horror rispetto a Silje O. Ulstein, anche Sveen (già al secondo romanzo della serie del commissario Bergmann) potrebbe ritagliarsi un posto di primo livello tra le star del genere.