
Parigi, 1936. Una fredda mattina d’inverno Armand Sauvelle si spegne silenziosamente in una stanza d’ospedale, consumato da mesi di sofferenza e da una malattia dal nome impronunciabile. Si porta nella tomba la risata contagiosa ma non i numerosi debiti, che piombano inesorabili sulla sua famiglia: così ben presto sua moglie Simone e i figli Irene e Dorian devono rinunciare a scuole di prestigio e vestiti di pregevole fattura, finanche alla bella casa, rimpiazzata da un piccolo appartamento sopra il negozio di Henri Laconte, vecchio amico di Armand, che il proprietario generosamente mette a disposizione alla famiglia Sauvelle , concedendo di rimandare l’affitto a tempi migliori. Simone deve riprendere a lavorare come maestra, senza tuttavia riuscire a far fronte al numero dei debitori che sembrano spuntare da ogni dove, tanto rapidamente quando invece scompaiono amici e benefattori. Irene cerca di dare una mano, all’insaputa della madre, ballando coi soldati per pochi spiccioli, in una sala da ballo. Quando però compie quattordici anni, spende i soldi guadagnati per comprare una torta e festeggiare il compleanno con la sua famiglia. Nello spegnere le candeline, i Sauvelle chiedono che venga spazzata via anche un po’ di questa sfortuna: non immaginano però che il loro desiderio non verrà ignorato...
Terzo capitolo della Trilogia della nebbia, e terzo romanzo scritto da Carlos Ruiz Zafón, Le luci di settembre è dedicato ai giovani lettori, e anche se ancora acerbo e dai contenuti adatti alla narrativa per ragazzi, lo stile è inconfondibile, con il suo mix di fantasy ed elementi cupi e gotici e con l’intrecciare di vari generi, dal fantasy al thriller, al romanzo rosa, tanto da essere godibile anche in età adulta. Le descrizioni particolareggiate e la scrittura visiva sono un’altra delle caratteristiche distintive dell’autore: Zafón regala immagini nitide che trasportano il lettore dove lui vuole, in atmosfere che sempre si adattano alla trama. La prosa è strutturata con maestria, tanto da diventare quasi musicale, come un andirivieni. La trama, spettrale e quasi onirica, viaggia in bilico: tra Parigi e la Normandia, tra due stagioni come settembre che dà il titolo, tra luci e ombre, tra l’infanzia e la necessità di crescere in fretta, tra reale e irreale così strettamente intrecciati da rendere difficile distinguerli. Contribuiscono al dualismo anche l’accenno ai doppelgänger e le metafore dell’ombra e dei giocattoli che raccontano il doppio che è in ciascuno di noi, con la maschera che portiamo. La narrazione procede lenta e calda, culla e racconta, ma non mancano i colpi di scena – talvolta prevedibili, a volte meno – che danno il giusto ritmo. Una storia surreale di solitudine, dolore, odio, paura e orrore, ma anche di amore e sentimenti positivi, promesse e ricordi, permeata di realismo magico e mistero.