
Suo papà, i capelli li ha seminati sulle federe dei cuscini, sulle giacche e nello scarico della doccia. Sua mamma, che ha sbattuto le federe, spazzolato le giacche e sturato lo scarico della doccia, rassicura il figlio accarezzandogli la testa. Non ha da temere, ha preso dalla famiglia materna. Il 25 aprile arrivano le giostre, appiccicose, con il calcinculo a cui vincono sempre e solo i figli dei giostrai. Quando ha finito di colpire i bersagli, suo papà chiede alla cicciona del tiro a bersagli quanti punti ha fatto. Seicento, hai vinto un boomerang. Sua mamma domanda se possono cambiarlo con i canovacci per le stoviglie e con i sottobicchieri di sughero da usare con gli ospiti. Taci, risponde il papà. Voglio il boomerang. Sua mamma sorride alla signora grassa... Antonino piace a tutti gli altri bambini perché presta sempre volentieri il suo pallone. Piace anche alle bambine, perché se piace a tutti ci sarà pure un motivo. Incontra l’amore della sua vita un maggio di Analisi 2, afoso e pieno di numeri. Annamaria, con le ginocchia tonde e i capelli ricci, è stato un colpo di fulmine. Lui si ritrova a balbettarle un “ti amo”. Lei ama tutto di lui: la sua voce, i suoi capelli, i suoi occhi storti... Filomena non sa leggere l’orologio, ma sa che deve andare a letto quando alle otto suonano le campane e inizia la sigla del tg. Sua mamma le prepara un biberon di camomilla e l’accompagna nella camera viola. Il tg racconta storie brutte di guerre polverose, di persone strette strette nelle barche come formiche e di bambini che scompaiono all’improvviso. Un pomeriggio di fine luglio, il giornale per il quale lavora la madre di Filomena le chiede di scrivere un pezzo extra sul bambino rapito, quello sparito proprio vicino al loro paese. Mentre la donna fatica a metter giù un pezzo decente, Filomena gioca serena sul pavimento ma ben presto diventa insofferente. Fa i capricci. Si avvicina alla madre che è seduta al computer. L’accarezza, le dà un bacio e poi spinge il brillante tasto blu del computer, che si spegne. La madre salta in piedi. Cosa ha fatto! La trascina per un braccio e la conduce in castigo sul seggiolino verde davanti al bocchettone dell’aria condizionata. Se fai ancora la frignona, il bocchettone ti risucchia e ti porta dentro il muro. Hai capito?...
Con Le magie, l’impressione è quella di leggere una versione più dark e adulta della celebre raccolta di favole di Gianni Rodari pubblicata nel 1962, Favole al telefono. In particolare, nel racconto Dinamiche famigliari si possono scorgere vaghi richiami alla nota Alice Cascherina. Ma se nell’opera di Rodari l’incanto aleggia costante tra le parole del testo, nei racconti di Ilaria Vajngerl i toni sono decisamente più oscuri e disturbanti. Delle “favolacce”; è questo il termine con cui si potrebbero definire le brevi storie della raccolta, la cui magia del titolo - e che riprende il titolo di uno dei racconti - fa riferimento al mancato incanto di un’infanzia piegata, di una giovinezza amara e di una vita adulta disillusa a cui spesso fa da sfondo una provincia anonima - sempre diversa o forse sempre la stessa perché, alla fin fine, le province si assomigliano un po’ tutte. Una provincia, si diceva, impregnata di violenza, fisica e verbale, che si manifesta in modo più forte o più sottile nelle maglie delle relazioni familiari, sentimentali e di amicizia che sono al centro di ciascun racconto. La forza della scrittura di Vajngerl risiede in un riuscitissimo mélange tra realismo e realismo magico, in cui la grettezza del quotidiano spesso si mescola a eventi inspiegabili che però, invece di alleggerire la gravità della vita, sembrano rafforzarla. Ogni racconto ha poi un suo personalissimo stile: dalla prosa più convenzionale si passa a impianti testuali organizzati a mo’ di chat o a esercizio di analisi grammaticale come nel caso di Amen e Grammatica; quest’ultimo un vero e proprio piccolo gioiello di stile. I finali tronchi, talvolta aperti ma sempre caustici, lasciano il lettore spaesato e con una morsa allo stomaco. Le magie è un libro consigliato a chi ama la suggestione del non concluso e a tutti coloro che trovano nelle spire della vita un ché di indecifrabile e di magico.