
Roma, 1521. Sotto torbidi auspici si riuniscono i Cardinali in Conclave, dopo la morte improvvisa di Papa Leone X, che ha lasciato i romani commossi ed eccitati, come sempre accade dopo la scomparsa di un personaggio in grado di condizionare la vita di una grande comunità. Il Collegio Cardinalizio indugia tuttavia quasi un mese prima di riunirsi, per attendere la liberazione di uno dei Cardinali, arrestato a Pavia, perché il partito dei filofrancesi non intende perdere un voto che andrebbe sicuramente nella stessa direzione. L’elezione del nuovo Papa si rivela ostica e difficoltosa, e le votazioni si susseguono senza esito, nonostante le messe, le processioni e le scommesse in tutta la città, a sostegno di un rapido accordo tra i membri del Sacro Collegio. Soltanto dopo dieci scrutini senza esito, finalmente sotto la Cappella Sistina si raggiunge quasi per stanchezza un accordo frettoloso e foriero di tante incognite e non senza contrasti tra fazioni rivali: viene infatti eletto un cardinale fiammingo assente e sconosciuto a quasi tutti i presenti. Questa scelta però non è accolta bene dal popolo assiepato in attesa di vedere affacciarsi il nuovo Papa – che al momento si trova nella lontana Spagna – tanto che l’annuncio viene accolto con grida e maledizioni, instillando nei cardinali del Conclave il dubbio di aver commesso un errore irreparabile...
“Quando un uomo è nudo non si sa più se è un prete, un soldato o un mercante, se è ricco o povero. È un uomo e basta”. Così la lussuria non è un peccato nemmeno per un cardinale che si abbandona ai piaceri del sesso con una prostituta e nemmeno altri pensieri e azioni che non si addicono a uomini di chiesa come la collera, l’avidità, la corruzione, la cupidigia, la scarsa carità, le bestemmie sono peccato, se a ispirarli è la maschera che ognuno di noi indossa. Cosa riflettono gli specchi? La verità o solo la parte peggiore di chi vi guarda? Ognuno di noi indossa una maschera carnevalesca, “menzognera come tutte le maschere” e gli specchi non fanno altro che salvaguardare le apparenze. In una Roma cinquecentesca devastata dalla peste è costruito un illusorio gioco di specchi che mentono e confondono. Così come il Demonio - col suo ruolo disturbatore a cui attribuire, con astuzia e cattiveria, la colpa dei peccati commessi su commissione - gli ingenui possono diventare armi nelle mani di furbi potenti. Perché in fondo, cos’è davvero il Diavolo? È il male che alberga in ognuno di noi, è la menzogna, la cattiveria, la collera, l’ipocrisia. Al contrario, amore è solo amore, ovunque e in ogni epoca, e sconvolge, guida e confonde. Con l’intelligenza e la tagliente ironia che lo contraddistinguono in una cornice storico-politica ben delineata, Luigi Malerba ci offre la metafora dei giorni nostri, dove competizione politica, sete di potere, violenza e corruzione, superstizione e ignoranza non stupiscono poi più di tanto.