Salta al contenuto principale

Le ribelli che stanno cambiando il mondo

ribellicambiandomondo

Nove storie di donne coraggiose e caparbie, esponenti di spicco delle proprie discipline, che stanno sfruttando la posizione conquistata per opporsi a istituzioni, pregiudizi e discriminazioni. Ministra per le Politiche digitali di Taiwan, genio informatico, transgender e attivista LGBTQI+, Audrey Tang, classe 1981, sostiene che “usando internet si può cambiare il mondo, fino a renderlo […] uno spazio più sicuro e più aperto per tutti”, in un’ottica di web democracy, e ha già dimostrato in numerose occasioni la possibilità di una rivoluzione peer-to-peer. Farmacologa e divulgatrice, pioniera dello studio sulle cellule staminali, Elena Cattaneo (1962) ha messo la ricerca al centro della propria esistenza con una determinazione che è d’esempio per tutte le donne alle prese con l’androcentrismo del mondo scientifico. Fondatrice della ONG Afghanistan Libre, ideatrice dell’agenzia Gender Experts, la scrittrice femminista Chékéba Hachemi (1974) promuove da sempre un messaggio fondamentale: “in un mondo in cui nessuno aiuta le donne, le donne si devono aiutare da sole”. Unica chef donna negli Stati Uniti a aver ottenuto tre stelle Michelin, la francese Dominique Crenn (1965) considera il cibo un atto politico, poiché non soltanto racconta la nostra storia, ma può migliorarne il futuro; il successo di Crenn in un ambiente competitivo e maschilista come quello della haute cuisine è un esempio per molte donne. La giornalista libanese Ghada Oueiss (1977), famosa per le inchieste contro il principe ereditario Bin Salman Al Sa’ud e per la denuncia delle violazioni dei diritti umani, non si è fatta intimorire dai tentativi di screditamento pubblico. La calciatrice triestina Sara Gama (1989) è talmente protagonista di una nuova epoca del calcio, nella quale le donne si vedono riconosciuti diritti essenziali, da essere stata contattata dalla Mattel per prestare le sue sembianze a una delle diciannove bambole che incarnano donne iconiche del calibro di Frida Kahlo e Amelia Earhart. La giornalista investigativa indiana di fede musulmana Rana Ayyub (1984) non ha mai smesso di denunciare l’operato efferato del primo ministro Narendra Modi e il crescente clima islamofobo del suo Paese nonostante le reiterate intimidazioni. La fotoreporter di guerra Lynsey Addario (1973), vincitrice del Pulitzer e di un MacArthur, testimonia il dolore del mondo con un linguaggio svincolato dagli stereotipi, soprattutto quelli di genere. E infine la regista, fotografa e artista iraniana Shirin Neshat (1957), che, pur essendo in continua evoluzione, non ha mai perso di vista la lotta per i diritti delle donne…

Dopo il successo de Il cambiamento che meritiamo. Come le donne stanno tracciando la strada verso il futuro (2021), la giornalista di origine palestinese Rula Jebreal torna in libreria con un volume prezioso concepito durante un dramma personale, gli ultimi mesi della sorella Rauia, che ha combattuto fino all’ultimo per ottenere l’eutanasia a seguito di un tumore incurabile: a lei è dedicata l’intera prefazione. Le ribelli che stanno cambiando il mondo si distingue da volumi apparentemente simili perché non parla delle eroine del passato bensì di individui, in alcuni casi molto giovani, che stanno cambiando le cose in tempo reale. La stessa Jebreal, voce forte e coerente del giornalismo d’inchiesta italiano, docente presso l’Università di Miami, potrebbe benissimo essere una delle protagoniste del libro, per via della forza espressiva e intellettuale con le quali da sempre si dedica all’emancipazione femminile, all’ambientalismo e ai conflitti che affliggono i territori meno privilegiati del pianeta (“credo che tutte le ribellioni, e di conseguenza le lotte, siano collegate tra loro”). Con precisione e acume, e una densità informativa sorprendente a fronte di una prosa snella, sobria e implacabile, Jebreal ci guida alla scoperta di donne eccezionali meno note di altre. Certo, queste donne sono innanzitutto persone, ma non è possibile trascurare quanto per una donna il medesimo percorso presenti più ostacoli che per un uomo, per via dei retaggi storici e religiosi sui quali poggia il patriarcato, né che i loro traguardi abbiano una doppia valenza, dal momento che costituiscono anche un faro per altre donne. Ecco perché per Jebreal è importante conoscere il vissuto delle donne che si battono per il cambiamento, tanto che in ogni capitolo di Le ribelli concede il giusto spazio una ricostruzione del passato, fattuale ed emotivo, della protagonista. Lei stessa ha avuto un’infanzia difficile, e già attraverso la prefazione ribadisce, seppure indirettamente, l’importanza di mettere in gioco il privato per perorare una causa fino in fondo. D’altronde “ogni battaglia ideologica nasce da una battaglia personale”, come scrisse nei suoi diari il glottologo pacifista Zamenhof. Ma soprattutto “non si combatte mai solo per sé stessi”, come disse una volta a Jebreal l’amata sorella. Ed è questo il senso ultimo di volumi come Le ribelli: attraverso una selezione di personaggi pubblici che promuovono il bene, e attraverso una comprensione di percorso personale inscindibile da quello professionale, si offre un esempio concreto di quanto chiunque possa compartecipare a un futuro migliore: siamo stati tutti bambine e bambini, e il nostro destino, così come quello del mondo, è nelle nostre mani.