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Le strade del Durian

Le strade del Durian

Il Giappone è nei fatti l’unico vero impero che ancora esista sulla faccia della terra, e se da un lato dunque già per questo verrebbe da pensare che si tratti di una società profondamente legata alla tradizione, quasi al punto da essere anacronistica, come in effetti alcuni riti sono oggettivamente, da un altro punto di vista non si può non notarne la frenetica modernità, l’attitudine al cambiamento, il rumore brulicante delle pur ordinatissime metropoli che però sono circondate da una natura placida ma non quieta, come dimostra l’intensa attività sismica e vulcanica, e a cui fa da contraltare il silenzio che sboccia improvviso, come i fiori di ciliegio che attirano l’attenzione, l’ammirazione e la meraviglia di tutte le persone che hanno modo di vederli da ogni angolo del globo: e se Singapore e la Malesia, perlomeno nella realtà cittadine, hanno diverse cose in comune con le megalopoli nipponiche, in quella tensione verso l’alto che si espleta nei grattacieli, il Vietnam è un altro universo ancora, un altro modo di vivere e pensare, un ritmo differente, sinuoso come le anse di un fiume. In tutte queste nazioni, però, ha un ruolo di primaria importanza il durian...

Il durian è forse in assoluto la pianta più strana del mondo, e il suo frutto non è affatto da meno: sembra una sorta di palla spinosa verdastra, e soprattutto ha un odore, stando a quello che dicono coloro che hanno avuto modo di entrarci in contatto da vicino, a dir poco terribile. Il suo nome è malese, perché è quella la sua zona di provenienza, e significa proprio “frutto con le spine”: quello che è ancora più incredibile, forse, però, è che il suo sapore, sempre in base a quanto descritto da chi lo ha assaggiato, è delizioso. Un aspetto sgradevole per un’anima dolce, una polpa colorata e soffice: più che il prodotto di una pianta, sembra, a volersi lasciar andare alle suggestioni, una perfetta metafora di molte delle cose della nostra vita, che hanno una brutta apparenza ma invece si rivelano migliori di quello che sembrano. E anche i posti, remoti e così distanti da noi per tanti aspetti, specialmente in questo tempo di pandemia che ha accentuato la cesura fra le persone, raccontati con nitida chiarezza da Vittoria Sangiorgio che si immerge on the road nel tessuto sociale della Malesia, del Giappone, del Vietnam e di Singapore, ripercorrendone anche la storia, attraverso la sua prosa punteggiata di dettagli, e che sono tenuti insieme nelle loro differenze sociali, economiche, culturali, politiche, religiose, di usi e costumi, dal filo rosso di una narrazione che passa anche per questo frutto, molto apprezzato a quelle latitudini e caratteristico della cucina locale, manifestano grandi sorprese agli occhi di un osservatore capace di andare oltre la superficie, proprio come l’autrice stimola a fare.