
Cosa evocano le Termopili? Complice la narrazione alterata dei cronisti di parte (storture che avvenivano allora esattamente come avvengono oggi), l’aura propagandisticamente ammantata di leggenda e, non ultima, la versione dei fatti propalata dal cinema, salta subito in mente l’impresa di Leonida e dei trecento spartani. Non andò esattamente così. A combattere contro l’esercito persiano di Serse in quella famosa strettura geologica, in altri territori adiacenti e per mare, concorse un’alleanza di diverse poleis greche consorziatesi per l’occasione. E poiché la Grecia non era allora percepita dagli ellenici come entità nazionale univoca e indivisa, anzi, piuttosto come un insieme di mondi declinati in identità singolari con tanto di miti autoctoni, liquidare la vicenda delle Termopili come una guerra tra Grecia e Persia non è altro che una semplificazione fuorviante. Tanto più che molti greci si schierarono dalla parte dell’invasore orientale. La situazione non era così omogenea. A combattere per Serse non c’erano solo persiani, bensì anatolici, etiopi, armeni e arabi. Qui sarebbe opportuno sfatare una falsa convinzione: gli iraniani, discendenti dei persiani, non sono arabi ma indeuropei, mentre gli arabi sono semiti esattamente come gli israeliti (quando si sente dire che i palestinesi sono antisemiti c’è da mordere i bordi del divano). Quello persiano era un impero multietnico che aveva assorbito numerose identità antecedenti e contingenti che andavano da Babilonia alle porte dell’India. Alle Termopili non vinsero i greci. I famosi Trecento erano molti di più. Alle Termopili però non vinsero neanche i persiani. La successiva battaglia di Salamina fu forse quella che determinò quella cesura tra Oriente e Occidente che già era nei fatti e che ancora non s’è sanata. Né vincitori né vinti, come in quasi tutte le guerre…
Tanta passione, tanta capacità divulgativa e ottime conoscenze storiche trasudano da questo trattato che si presenta però con un pregiudizio –legittimo- già insito nel titolo: Le Termopili e la nascita del mondo libero. Fabrizio Polacco esplicita così la propria interpretazione dell’evento storico dell’epica battaglia preso da un punto di vista filo-occidentale decisamente schierato e abbastanza lontano dal relativismo culturale. Ciò per dire che l’approccio al trattato non è quello dello storico, ma quello del profondo conoscitore in materia che interpreta gli eventi seguendo la propria tesi. Un testo critico da leggere con interesse ma del quale non farei però materia didattica. Asserzioni lapidarie quali “se i Persiani, in quella occasione, avessero sopraffatto la Grecia, non avremmo avuto commediografi (…) né si sarebbe affermata la Scienza (..), né la letteratura (…) per non parlare di altre discipline”. E poi “Lo stesso si può dire della Democrazia” e “Talete fu il primo pensatore della Storia umana”. Insomma, la tesi è che se avessero vinto i persiani, adesso ci sarebbe il nulla. Si potrebbe obiettare che forse la nostra democrazia, frutto di quelle vicende storiche, non è detto che sia il migliore dei sistemi possibili. Si potrebbe obiettare che attribuire a Talete l’aver sviluppato il “pensiero” sia un vezzo tutto occidentale: non è che il mazdeismo e lo zoroastrismo persiano non costituissero pensiero. Non è che le conoscenze astronomiche, agricole e costruttive dei persiani –assorbite e condivise da e con i babilonesi- non fossero Scienza. Insomma, il Saggio non tiene conto del fatto che la Storia procede a salti, a singhiozzo, a fasi alterne. Dando per buona l’idea illuministica che contempla che il progresso lineare sia l’unica lettura possibile delle vicende umane. Siamo sicuri? Quante popolazioni seppero in passato dare prova di conoscenze mirabili per trovarsi pochi secoli appresso nel degrado più assoluto? Se la Grecia fosse stata veramente l’unico e solo faro possibile dell’umanità, perché la democrazia non fu, da quel contesto in poi, che un barlume la cui spenta fiamma avrebbe poi affondato gli artigli nelle carni di un Panagulis pochi decenni orsono? La Grecia antica che avrebbe offerto questo “miglior sistema al mondo” aveva o non aveva schiavi? Li aveva. E forse questi ultimi non sarebbero stati d’accordo con le tesi eurocentriche dall’autore riguardo “il mondo libero”. Quale “mondo libero” se non quello dei dominanti? E il risultato di questo meraviglioso Occidente, come avrebbe affrontato in seguito le invasioni perpetrate quali frutto di cotanta cultura classica della quale l’Europa sarebbe stata erede? Con lo sterminio di qualsiasi cultura “altra”? Il genocidio dei pellerossa, fra i tanti? Che la “nascita del mondo libero” provenga dalle Termopili resta alla fine, opinabile.