
L’autunno è alle porte, l’afa è finita ed un vento fresco arriva dal mare. Sashka, padre fondatore e membro di spicco del kibbutz, ascolta le voci dei bambini che giocano allegramente nei prati. I tempi sono cambiati e c’è bisogno di concetti nuovi. Le persone come lui e sua moglie Tanya si sono forgiati con rabbia, nostalgia per il paese che hanno lasciato e dedizione totale all’ideale sionista. I nuovi arrivati non sono così, i giovani non sempre si adattano alle rigide regole e parecchi voglio andare a lavorare in città… Spinte dalla fame le tribù del deserto si spingono verso nord, piccole incursioni nei kibbutz, qualche furto. Il regime militare tratta la faccenda con urgenza. A volte capita ai soldati di incontrarli da vicino, sorridono anche di fronte ai loro sguardi gelidi. Gli accampamenti dei nomadi sono fatti da teli neri, le donne sono silenziose, i loro cani ululano contro gli altri cani. Di notte cantano ed è una specie di lamento malinconico e prolungato, che arriva alle orecchie dei guardiani di turno del kibbutz. L’atmosfera diventa pesante… Una tempesta anomala ha rovinato il raccolto e devastato le vecchie capanne. Acqua e luce saltati, qualche ferito nella confusione, galline che scappano e i bambini che urlano divertiti. Felix cerca di dare ordini e procedere con metodo, grazie al suo senso pratico. Un grosso palo della luce è caduto sul tetto della casa di Batya Pinski. È un’anziana donna che vive quasi in isolamento. Un carattere poco socievole e tante tazze di tè. Vive nel ricordo di suo marito Abrasha, un grande uomo, partito volontario per la guerra civile in Spagna. Era un uomo stimato e gli scritti che ha lasciato non dovrebbero essere dimenticati, per questo Batya Pinski aspetta da tempo la visita dell’editore Bart. Vive sola, sua figlia è sposata e vive a Zurigo, a farle compagnia un acquario…
Le terre dello sciacallo è una raccolta di racconti, finora inedita in Italia, di Amos Oz. È la sua opera di esordio, con cui il suo talento letterario si è rivelato. A pochi anni dalla sua scomparsa, nel 2018, grazie alla impeccabile traduzione di Elena Loewenthal, questo libro aggiunge un prezioso tassello per conoscere meglio l’autore. Sono dieci testi, di cui nove ambientati in un kibbutz. Scritti tra il 1962 e il 1966 quando lo Stato di Israele era ancora giovane. Fanno da sfondo ai racconti: i campi coltivati, strappati col duro lavoro al deserto; i piccoli agglomerati di villaggi, prima di capanne e poi di casette in muratura; il silenzio della notte e i guardiani che difendono il kibbutz, dai nomadi, dagli sciacalli, che ululano nella notte. La vita quotidiana segue regole rigide, tutto è organizzato e ognuno ha un ruolo preciso. Le prime generazioni di rifugiati sono arrivate con un sogno, un’utopia da realizzare, una patria da fondare, desiderando una vita diversa. Purtroppo, il clima non è sempre sereno ed è proprio la maestria di Oz a dare risalto a personaggi ruvidi, sensuali e conturbanti. Uomini e donne con dubbi e contraddizioni, desideri di fuga e di libertà dal ristretto confine del villaggio. In Tutti i fiumi Eliezer Dror, nel kibbutz, fabbrica paralumi e colleziona francobolli, frequenta ragazze, ma rimane affascinato dalla stravagante Tova che conosce in un bar di Tel Aviv. Nel racconto Redimere il mondo il protagonista, un uomo probo, ma spinto dall’odio, è rigidissimo con sé stesso, per poi dare sfogo ad avventure mercenarie quando va a Gerusalemme per gli affari del kibbutz. Su questa terra cattiva è l’ultimo racconto di chiara ambientazione biblica, quasi una vera e propria parabola. La ricca galleria di personaggi, che Oz ci presenta, rappresenta esseri umani, drammi e passioni senza tempo, sempre attuali: madri col cuore spezzato, nemici, esiliati, sconfitti, folli, religiosi, politici e mediocri. Questi dieci racconti portano in chi legge dubbi, spunti di riflessione e il timido desiderio che si possa sognare ancora.