
Roma, 1998. Quando immagina la sua morte, il momento in cui accade è sempre lo stesso. Si vede con indosso una normale camicia, dei pantaloni di tessuto leggero e di umore buono, quello che rasenta la felicità. Ci sono diverse persone intorno a lui, si trova in una camera di ospedale, disteso sul letto e chi lo circonda non sembra essere in gravi condizioni. Il sole sta sorgendo, qualcuno dei suoi cari gli è accanto, lo tocca, gli stringe la mano in segno di affetto, lo bacia sulla guancia. Accade però qualcosa all’improvviso, i suoi organi cedono, non ha più alcun controllo sul suo corpo, tutto diventa solo una massa inerme senza autonomia delle funzioni. Morire non è poi così difficile. Anton, Adam o Gideon, potrebbe chiamarsi così questo ragazzo di ventidue anni che a volte si comporta come immagina facciano gli uomini e può essere francese, tedesco o greco, albanese mai e può camminare esattamente come gli ha insegnato suo padre, a passi larghi e cadenzati. Petto e spalle alti, mascella serrata, seduto al bar o al ristorante, con il fare di chi la sa lunga ed è sicuro di sé. Ordina un piatto ma qualcosa non va, lo manda indietro e il cameriere gliene porta un altro. Che fine fa la donna che è in lui, in questi momenti? Brucia sul rogo. Viene messa completamente da parte, allontanata, bistrattata. Quando esce dal ristorante ed entra in un negozio e la commessa si avvicina per chiedergli qualcosa, ecco che la donna che è in lui torna a farsi viva. È una ragazza di ventidue anni, che fa quello che vuole. Si può chiamare Amina o Anastasia e si muove sui tacchi in maniera sensuale, così come faceva sua madre, senza contraddire mai gli uomini. Cipria sulle guance, matita intorno agli occhi, lenti a contatto blu e così in giro per la città, con l’unica differenza che l’uomo dentro di lei non la abbandona, ma la accompagna. Entra nello stesso ristorante, ordina lo stesso piatto, riscontra lo stesso problema, ma il cameriere dice che la carne è perfetta così e la guarda male, con sospetto. Esce dal ristorante e gli uomini le fanno apprezzamenti. In fondo lui è un uomo, che non può essere donna, ma può sembrarlo ed è la cosa migliore che sa fare: travestirsi...
Un romanzo forte questo Le transizioni di Pajtim Statovci, il secondo libro dell’autore, che catapulta il lettore, sin dalla prima pagina, nella vita del protagonista, il giovane Bujar, affrontando in maniera diretta e cruda tutte le problematiche legate all’identità di genere. La voce narrante è quella dello stesso Bujar, che racconta di quando era bambino nel suo Paese d’origine, l’Albania, e poi si narra da adulto, in giro per il mondo, tra le sue molteplici identità. Figlio di un padre molto legato alle tradizioni albanesi, dopo la sua morte il giovane si ritrova a rinnegare le sue origini e la sua famiglia e a cercare il riscatto nella vita con l’amico Agim, il suo unico grande amore. Inizia così un periodo di forte evoluzione della sua esistenza, dall’abbandono dell’Albania all’approdo in Italia, sino alla conoscenza di Tanja, che ha intrapreso il percorso per cambiare sesso, per diventare la donna che ha sempre desiderato essere. Un viaggio fisico quello del protagonista, ma non solo. Il suo è un viaggio anche tra le identità, tra le ambiguità della sua persona, che egli stesso fa fatica ad accettare. Prende in prestito le vite altrui, non riesce quasi mai ad ambientarsi nelle città in cui si ferma, diventa particolarmente duro nei confronti dell’Albania e della stessa Italia. Non è semplice per il lettore mettersi nei suoi panni, comprendere le sue scelte e giustificarle, perché Bujar non tiene mai un comportamento lineare. Statovci con la sua penna potente e in qualche modo prepotente descrive un’anima sofferente, che non trova mai pace, in quell’impossibilità di essere accettata da una famiglia e da una collettività, che bandisce l’omosessualità in ogni sua forma. Una scrittura sinuosa, quella dell’autore kosovaro di nascita e finlandese di adozione, che mette in risalto i fatti oggettivi tanto quanto le emozioni, riuscendo con grande abilità a scavare nell’anima dei personaggi, disegnandoli in maniera certosina, se pur complessa. Una curiosità relativa al titolo: il romanzo pubblicato nel 2016 in finlandese, ha come titolo Il cuore di Tirana. Il titolo Le transizioni, scelto per la pubblicazione di Sellerio del 2020, ricalca, invece, quello dell’edizione inglese, Crossing. Una scelta importante ed evocativa, perché le transizioni, non vogliono essere solo l’emblema del peregrinare fisico, ma anche quello dell’anima e del passaggio da un sesso all’altro. La foto è di Anniliina Lassila.