
Nella foto di fine estate scattata poco prima dell'inizio della scuola, ci sono diciassette adolescenti di prima media; tra questi spicca Brina, la più alta di tutti, con i pugni chiusi sulle ginocchia, dietro di lei Benedicta, ribattezzata Maledicta, e in prima fila con i capelli sugli occhi Kodak, il cui nome in realtà è Kimmo. Brina è una ragazza di cui ci si può fidare, viene chiamata anche Pertica o Spilungona o Golia, perchè essere buoni è una croce, studiare e andare a scuola con i compiti fatti e tutti i libri nello zaino, è un peso che va pagato. La scuola ha organizzato un mercatino per avere un po' di soldi con cui comprare alcune attrezzature per la palestra: tutti gli alunni sono incaricati di distribuire i volantini, Brina ha deciso di attaccarli sulla bacheca degli annunci nel Grande Magazzino Paradiso, dove sicuramente sarà letto da molte persone.Nelle vetrine del Paradiso è sempre estate, anche quando fuori piove e per strada ci sono solo pozzanghere e giornali sporchi.Appoggiata la bicicletta, Brina aspetta che si aprano i battenti, sopra di lei si protende il mostro rampante, con la testa d'oro e i denti di lupo assetato di sangue, emblema del magazzino. Da piccola, insieme a Benedicta, a quei tempi sua amica del cuore, giocavano come tutti i bambini della città, a "chi se la sente?" Vinceva chi correva fin sotto le ali del mostro superando le fauci bavose; loro due se la sentivano sempre, erano bimbe coraggiose! Finalmente Brina raggiunge la bacheca del magazzino e lì, con sorpresa reciproca, incontra anche il suo papà che ha in mano un annuncio nel quale si offre come esperto macellaio; è di nuovo senza lavoro, le cose in famiglia saranno ancora più difficili, ma in mezzo a tantissimi altri biglietti, ne spicca uno particolare, che sembra la promessa vincente di un terno al lotto: "Cercasi Guaritore! Se sarai tu a portarmelo ti ricompenserò lautamente. Dietro il vetro ti aspetta Mister P."...
Le vetrine del paradiso, secondo romanzo di Seita Parkkola, scrittrice finlandese, può essere inserito nel filone della fantascienza sociologica, genere affermatosi negli anni cinquanta, quando si cominciò a individuare e criticare le contraddizioni della società consumistica, ipotizzando orrori e conseguenze estreme a tale stile di vita. La storia si sviluppa in una città non ben definita, simile a mille altre città moderne, il cui centro vitale è il Grande Magazzino, trappola dorata di ogni desiderio possibile, che determina i gusti, i ritmi, le relazioni, mentre intorno la povertà e il disagio aumentano. Le atmosfere cupe, le ambientazioni opprimenti, hanno il loro culmine con l'ingresso nella storia di India, capo di una banda di ragazzini, rigorosamente tredicenni, che aiutano i reietti, gli invisibili della società. India è un Peter Pan al femminile, ma invece che in un'isola piena di giochi e magici divertimenti, con i suoi fanciulli sperduti, vive vicino alle fogne, nei cunicoli spettrali del sottosuolo, dove la fame è vera e non può essere saziata dal cibo di fantasia. Il racconto è narrato in prima persona in un linguaggio credibile, giovane, fresco e senza fronzoli; l'autrice è riuscita abilmente a mettersi nei panni di una tredicenne, a far emergere la frattura di un equilibrio fragile, trasmettendo con efficacia il senso d'inquietudine, la solitudine, il bisogno di libertà e la paura della libertà stessa, la confusione di non riconoscere il proprio corpo in continuo mutamento, le difficoltà d'inserimento in un gruppo di pari, inquinato dal bullismo. Malgrado ciò, le figure degli adulti contrapposte, sono troppo forzate o troppo conformiste o troppo ostili o troppo superficiali o troppo lontane dalla realtà degli adolescenti, il messaggio che Seita Parkkola pare voglia trasmettere sembra essere un po' troppo improbabile: i ragazzi, a tredici anni, devono e possono farcela da soli. Le illustrazioni in bianco e nero di Ikon sono come disegni fatti con la penna ai margini delle pagine, mentre si riflette su quanto si vuole scrivere. Tetre e in alcuni casi inquietanti, sottolineno con efficacia la narrazione destinata ai lettori di quell'età di mezzo tra infanzia e adolescenza che ormai disdegnano i libri con disegni perchè „da bambini piccoli“, ma sono ancora in difficoltà ad appropriarsi di un testo solamente scritto, una sorta di riuscitissimo compromesso nel quale le tavole appaiono come negativi d'immagini colorate.
Le vetrine del paradiso, secondo romanzo di Seita Parkkola, scrittrice finlandese, può essere inserito nel filone della fantascienza sociologica, genere affermatosi negli anni cinquanta, quando si cominciò a individuare e criticare le contraddizioni della società consumistica, ipotizzando orrori e conseguenze estreme a tale stile di vita. La storia si sviluppa in una città non ben definita, simile a mille altre città moderne, il cui centro vitale è il Grande Magazzino, trappola dorata di ogni desiderio possibile, che determina i gusti, i ritmi, le relazioni, mentre intorno la povertà e il disagio aumentano. Le atmosfere cupe, le ambientazioni opprimenti, hanno il loro culmine con l'ingresso nella storia di India, capo di una banda di ragazzini, rigorosamente tredicenni, che aiutano i reietti, gli invisibili della società. India è un Peter Pan al femminile, ma invece che in un'isola piena di giochi e magici divertimenti, con i suoi fanciulli sperduti, vive vicino alle fogne, nei cunicoli spettrali del sottosuolo, dove la fame è vera e non può essere saziata dal cibo di fantasia. Il racconto è narrato in prima persona in un linguaggio credibile, giovane, fresco e senza fronzoli; l'autrice è riuscita abilmente a mettersi nei panni di una tredicenne, a far emergere la frattura di un equilibrio fragile, trasmettendo con efficacia il senso d'inquietudine, la solitudine, il bisogno di libertà e la paura della libertà stessa, la confusione di non riconoscere il proprio corpo in continuo mutamento, le difficoltà d'inserimento in un gruppo di pari, inquinato dal bullismo. Malgrado ciò, le figure degli adulti contrapposte, sono troppo forzate o troppo conformiste o troppo ostili o troppo superficiali o troppo lontane dalla realtà degli adolescenti, il messaggio che Seita Parkkola pare voglia trasmettere sembra essere un po' troppo improbabile: i ragazzi, a tredici anni, devono e possono farcela da soli. Le illustrazioni in bianco e nero di Ikon sono come disegni fatti con la penna ai margini delle pagine, mentre si riflette su quanto si vuole scrivere. Tetre e in alcuni casi inquietanti, sottolineno con efficacia la narrazione destinata ai lettori di quell'età di mezzo tra infanzia e adolescenza che ormai disdegnano i libri con disegni perchè „da bambini piccoli“, ma sono ancora in difficoltà ad appropriarsi di un testo solamente scritto, una sorta di riuscitissimo compromesso nel quale le tavole appaiono come negativi d'immagini colorate.