
È strano partecipare a una shivah, la settimana di lutto stretto, in ricordo di chi si era conosciuto solo per un paio d’ore. Ma dopo aver letto il trafiletto sulla scomparsa di Ronen, precipitato da un dirupo mentre, in sella alla sua mountain bike, percorreva La Strada della Morte in Bolivia insieme alla giovane moglie Mor, Omri non resiste alla tentazione di rivedere ancora una volta l’affascinante ragazza. Ha incontrato casualmente la coppia in luna di miele in una strada di La Paz, durante un viaggio alla ricerca della serenità perduta a causa della separazione dalla moglie, ma la stessa notte Mor si è presentata improvvisamente alla porta dell’ostello dove lui alloggiava, per porgergli una domanda difficile: sapevi fin dall’inizio che tra te e tua moglie non avrebbe funzionato? Mor è affascinante, strana, in lei vi è un non so che di profondo e seducente, qualcosa che Omri non riesce a dimenticare. Quell’incontro fugace è l’inizio di una storia che ora va raccontata nei minimi dettagli, perché conviene avere chiara la verità se si decide di mentire in tribunale... C’è qualcosa nella giovane specializzanda Liat che attira l’attempato dottor Caro. Non solo i molti gusti in comune o la passione per la sonata per pianoforte nr.13 di Schubert, cosa rara per una ragazza giovane come lei. Qualcosa che risveglia in lui un istinto di protezione da chiunque voglia farle del male o dalle avances di certi colleghi senza scrupoli. È un impulso irresistibile che forse è legato a un segreto che l’uomo porta con sé da tanti anni. Un segreto che ora torna prepotente a galla, rischiando di fargli oltrepassare quel confine nebuloso che c’è tra istinto di protezione e molestia...
Lei e suo marito Ofer camminano nel frutteto, lungo il sentiero che costeggia la discarica e poi le colline, dove da lontano risuonano i bassi sordi di un rave party. Da un po’ il rapporto tra loro si è fatto complicato: i figli lontani da casa, il distacco con cui Ofer la sfiora. Eppure, da quando lei ha un amante tra loro sembra essersi rinnovata l’intesa. A metà passeggiata, Ofer abbandona improvvisamente il sentiero chiedendole di aspettarlo. Ma il tempo passa e l’uomo non fa ritorno. Le ricerche della polizia portano a galla le crepe nel loro rapporto e i piccoli racconti che Ofer pubblicava sul suo blog ora sembrano tracce da seguire per ritrovarlo... Tre racconti interconnessi tra loro da piccoli gangli, dettagli, sfumature, ombre comuni che tornano e si mescolano formando quasi un’unica trama, seppure appena percepibile. Una trama fatta di strade che vengono percorse e che indicano un Eden più avanti. Un luogo meraviglioso ma anche da temere, le cui vie sono piene di pericoli. Per camminarci sopra occorre mettersi a nudo, sgravarsi dalla pelle che ci protegge, dalle maschere che, volontariamente o meno, stiamo indossando. Cadute quelle, resta la verità. Ma la verità è una condizione che impone quella chiarezza che spesso costringe a una confessione e a un successivo perdono. Ed è così difficile da affrontare, la verità, da farci sentire in colpa. Eshkol Nevo, scrittore israeliano, come in Tre Piani, trova nella misura di un romanzo scomposto la formula ideale per descrivere un insieme dentro il quale i suoi personaggi si mettono in chiaro, si confessano, insomma vivono. Potrebbe essere visto come un luogo nebuloso, che via via si chiarisce nel lettore, come una mente dopo aver pianto. Perché forse ha proprio ragione Nevo quando dice che “il pianto contiene in sé tutte le cose che fino a quel momento sono rimaste nascoste.” È difficile raccontare le relazioni tra essere umani, ma sono proprio quelle, gli scenari che creano, a innescare nel lettore la scintilla della curiosità prima e dell’attenzione poi. Ancora, vivere senza colpe forse non è poi nemmeno vivere. Ciascuno di noi, per amore, per paura, perché costretto, le commette. Sono macchie, ma sono anche cicatrici che ci riconoscono e ci distinguono, che fanno parte di noi come i graffi di un oggetto usurato dal tempo e al quale ci si affeziona. Così anche alla vita ci si affeziona. Ed è allora che diventa difficile guardala con disincanto, con distacco, con la verità che ci impone di indossare per affrontarla.