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Leggere

Leggere

Non tutti sanno leggere. O meglio, quello che molti sono in grado di fare è decifrare le lettere e i caratteri che compongono un testo in modo da coglierne il senso generale. La maggior parte delle persone si ferma dunque a una lettura superficiale, soprattutto con i romanzi, letti “per la storia”, e come si suol dire “per ammazzare il tempo”. Questo non accade certo con la letteratura scientifica o con quella filosofica che sono universalmente considerate meritevoli di lettura approfondita, quindi di studio. Tuttavia, anche “un buon libro di narrativa o un romanzo o una poesia è un’opera scientifica: è stato creato seguendo i principi di più di una scienza, ma in particolare seguendo i principi della grande scienza della vita, la conoscenza della natura umana.” I romanzi sono spesso oggetto di lettura distratta, un’attività narcotizzante, “qualcosa che fa stare in uno stato perpetuo di sogno” e che non permette di sviluppare alcun senso critico. Esiste poi un approccio totalmente differente al testo e alla lettura, quello del lettore professionista. Con questa figura si intende ad esempio un accademico che lavori in una casa editrice. Con la sua capacità di lettura, il lettore professionista è in grado di cogliere la validità di un manoscritto inedito anche solo da una singola frase. Potrebbe apparire una qualità eccelsa, appannaggio di pochi, ma in realtà l’approccio accademico è “il modo di leggere naturale” che non dista poi tanto da quello del bambino... La letteratura e la politica sono generalmente considerati due ambiti totalmente distinti, quasi agli antipodi. Eppure, è attraverso la letteratura che una nazione, un popolo modella e proietta una determinata immagine di sé a realtà geograficamente e culturalmente distanti dalla propria. Attraverso la raffigurazione della sua gente, degli usi, dei costumi, delle credenze una nazione è in grado di mostrarsi in maniera autentica e abbattere così eventuali pregiudizi. È quello che è accaduto con i russi, che con la loro letteratura sono riusciti a rompere la crudele e falsata immagine che gli inglesi avevano di loro a causa di preconcetti, stereotipi e mancata conoscenza della realtà. È quello che deve fare il Giappone. L’istituzione di una letteratura nazionale è quindi un’esigenza politica, se non addirittura economica...

Pubblicati dalla casa editrice romana Elliot, i due scritti presenti in Leggere sono dei saggi brevi, frutto di due lezioni che Lafcadio Hearn (1850-1904) tenne all’università di Tokyo tra il 1896 e il 1902. Figlio di una nobildonna greca e di un primario irlandese, Hearn è uno scrittore e giornalista naturalizzato giapponese, noto in terra nipponica anche con il nome di Koizumi Yakumo. Prima dell’approdo definitivo in Giappone, Hearn vive per un periodo in negli Stati Uniti dove, grazie alla qualità della sua scrittura, intraprende la carriera di giornalista e cronista per delle testate di Cincinnati. Hearn, che non ama limitarsi a riportare fatti ed eventi preferendo soffermarsi sulle storie e sulle culture locali, possiede uno stile cronachistico tutto suo, caratterizzato da tinte decadenti. Questa sua particolarità si sviluppa in particolar modo a New Orleans, la “perla nera” della Louisiana dove entra in contatto con la comunità creola e cajun, rimanendo affascinato dai loro usi e dalle loro pratiche, uno fra tutti il vudù. Quando viene inviato in Giappone come corrispondente, Hearn ne rimane folgorato e vi si stabilisce definitivamente, sposando la figlia di un samurai. Dopo aver avuto accesso al kokoro, ossia al “cuore della gente”, Hearn s’immerge appieno nella cultura e nelle tradizioni del paese del Sol Levante. Conscio dell’importanza, anche politica, della scrittura e della letteratura – nuclei centrali dei due saggi, i cui titoli sono rispettivamente Leggere e Letteratura e opinione politica – Hearn esorta i giapponesi alla creazione di un canone che raccolga la loro ricchezza letteraria e sottolinea il valore della lettura come strumento conoscitivo necessario a dissipare il pregiudizio, perché “tutto il male di questo mondo è il risultato dell’ignoranza”.