
Nella Teheran dell’ayatollah Khomeini leggere può essere molto pericoloso. Soprattutto se si tratta di letteratura occidentale, soprattutto se si è di sesso femminile. La Repubblica Islamica dell’Iran sotto un nome che ha il sapore della democrazia cela la morsa stringente del fondamentalismo islamico, che cerca di estendere la sua influenza a tutti gli ambiti della vita quotidiana. L’istruzione è uno degli obiettivi principali. Catechizzare le nuove generazioni, metterle in guardia contro la cultura corrotta dell’Occidente, i cui libri avvelenati vanno quindi banditi dalle università. Azar Nafisi, docente di letteratura inglese all’università Allameh Tabatabei, assiste con i suoi occhi a questa trasformazione. Le sue aule pullulano di studenti che fanno parte dei “Guardiani della Rivoluzione”, i suoi insegnamenti e la sua stessa vita vengono costantemente fatte oggetto di richiami. Non può piegarsi all’indottrinamento, a falsare la realtà; è una donna forte e indipendente. Decide quindi di abbandonare l’insegnamento, ma solo ufficialmente. Ha un progetto, un sogno. Continuare a rendere i suoi studenti liberi di pensare, di vedere la realtà a tutto tondo e non appiattita dalla violenza e dall’ottusità del fondamentalismo. Ogni giovedì, quindi, ospita, di nascosto, nella sua casa, sette delle sue migliori studentesse, per un seminario molto speciale. Manna, Nassrin, Mahshid, Yassi, Azin, Mitra e Sanaz discutono con la loro insegnante di libri come Lolita e Invito a una decapitazione, Il grande Gatsby, Orgoglio e pregiudizio, Cime tempestose, Daisy Miller, Washington Square e molti altri. Queste otto donne leggono, discutono, scoprono di volta in volta pezzi di sé e delle loro compagne. Abbandonano il velo e le imposizioni per scoprirsi ancora libere di essere se stesse, di avere dei sogni nonostante il regime. Alla conclusione del seminario, Azar vola negli Stati Uniti, dove ancora oggi insegna, conscia di aver lasciato alle sue allieve un dono prezioso per rendere migliori le loro vite...
Il ruolo della donna nelle civiltà islamiche, soprattutto in quelle di stampo fondamentalista, è un argomento che indigna e fa discutere uomini e donne occidentali. Una donna sottomessa, nel corpo e nello spirito, che ha bisogno del permesso degli uomini quasi anche per respirare e che molto spesso, se non fermamente convinta degli insegnamenti ricevuti, quanto meno vi è passivamente rassegnata. E se gli esempi di donne che si sono ribellate (e per questo perseguitate) non mancano, allora come oggi, il libro della Nafisi ci offre un interessante e nuovo punto di vista. È la testimonianza di un mondo sotterraneo ma tenace, di donne che continuano a esistere nonostante tutto, che, senza gesti eclatanti, nascondono e alimentano la loro dignità anche sotto il peso di umiliazioni, violenze e prevaricazioni. In questo racconto autobiografico, la letteratura e il mondo occidentale non sono una chimera, ma uno specchio attraverso cui queste donne vedono riflessa la loro situazione. Dalla schiavitù di Lolita, così simile a quella della loro terra, dai sogni di Gatsby, dalla caparbietà di Elisabeth Bennet e Catherine Sloper, le allieve di Azar imparano. A non arrendersi e a non piegare la loro vita alle imposizioni, per quanto crudeli esse siano; a coltivare quella che in Iran è ribellione e frutta ad alcune di loro il carcere o violenze coniugali ma che fuori da quei confini altro non è che libertà; a non far spegnere la fantasia di fronte ad una realtà che annulla l’immaginazione schiacciandola sotto la sua brutalità. La Nafisi racconta tutto questo con un entusiasmo che non si è fatto scalfire dalle violenze, che pure ci racconta turbavano i suoi sogni e le sue giornate in quel periodo: trasmette al lettore il suo entusiasmo per i libri di cui parla, tratteggia con uno stile asciutto ma delicato i caratteri e i lineamenti delle sue allieve, portandone alla luce sia la bellezza interiore che, perché no, anche quella esteriore, ulteriore simbolo di ribellione in un contesto che la vorrebbe mortificata e ad esclusivo uso e consumo del maschio dominatore. Sembra di vederli, gli occhi scuri e intensi di queste donne coraggiose, mentre scorrono le pagine dei libri, mentre si guardano scoprendosi uguali a tutte le altre donne del mondo. È una lettura agevole per la struttura che fa divorare una pagina dopo l’altra (e un libro dopo l’altro di quelli consigliati), nonostante il contenuto intenso e impegnativo. È uno spaccato di una società lontana resa comprensibile e accessibile grazie a un patrimonio culturale condiviso. Un libro consigliatissimo a chi sa che l’Oriente non è poi così lontano e a chi, nella nostra società libera e civile, rischia di essere schiavo di pregiudizi dovuti all’ignoranza.