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L’eletto

L’eletto

Nel tripudio di campane, rumorose messaggere della grandezza di Nostro Signore e sotto la sferza di un vento affilato, il monaco Clemente si fa spirito della narrazione e racconta una vicenda assai bizzarra, una storia di peccato e penitenza in cui l’imperscrutabile operato di Dio si manifesta in tutta la sua magnificenza. La voce dell’ecclesiastico irlandese trema di fronte al grande compito di cui è investito, ma la lingua è sufficientemente salda per raccontare in un latino tardo e imbastardito dell’eletto Gregorio, di come sia riuscito a unificare la chiesa e del suo lungo e tortuoso cammino di redenzione, animato d’avventura, tormento e preghiera. È una storia lunga, che attraversa le generazioni e lo spazio, e si apre con la nascita di Sibilla e Wiligis, i due gemelli del Duca di Fiandra e Artois…

Opera tarda (1951) del premio Nobel Thomas Mann, L’eletto affonda le sue radici nell’affascinante letteratura medievale di tradizione germanica e, in particolare, nel Gregorius di Hartmann Von Aue, poema venato di leggenda sulla vita di papa Gregorio Magno. Il taglio che l’autore de I Buddenbrook ha dato al suo Gregorio è però ben diverso rispetto a quello del suo antico connazionale. Messo da parte il turgore dell’èpos religioso, Mann si balocca tanto con la lingua (che compone e ricompone in un caos ordinato di latino, francese e tedesco, rammentando i giochi dell’Eco più medievalista) quanto con le situazioni iperboliche e paradossali che popolano tutto il romanzo, strappando ai lettori più attenti perfino qualche sorriso, soprattutto nella critica al potere religioso e temporale. La vicenda narrata è presto chiara: un Edipo papa (nella fattispecie Gregorio) al posto di un Edipo re. Gregorio è infatti incestuosamente e inconsapevolmente sposato con la propria madre ed è a sua volta prodotto di un incesto fra sua madre e il proprio fratello gemello. Di fronte a ciò perfino le relazioni pericolose di Beautiful sembrano essere roba per dilettanti. Gregorio trascorre l’intera vita a espiare le sue colpe e di riflesso quelle degli altri suoi familiari; è un peccatore che si abbandona interamente alla volontà di Dio fino alla mortificazione totale del suo corpo e della sua mente. Infine sarà proprio Dio ad affidarsi a lui per illuminare la strada dei fedeli alle prese con papati litigiosi e licenziosi. La vena ironica che pervade il romanzo è brillante e quasi inesauribile, pur mantenendosi discreta e sapientemente adombrata dai topoi classici della narrativa medievale. Tra un pegno d’amore e una professione di fede, L’eletto ci mostra un Mann inedito, meno complesso ed elaborato rispetto alle sue opere principali, ma ugualmente ispirato e sostenuto da una verve beffarda che raramente appare nella sua pur vasta produzione.