
La regina fenicia Elissa è fuggita dalla sua città, Tiro, insieme al suo popolo dopo che il fratello Pigmalione ha ucciso suo marito Sicheo per brama di denaro e potere. Approdata finalmente sulle sponde libiche le è bastato un solo sguardo per riconoscere quella che sarebbe diventata la sua nuova patria: una collinetta macchiata da boschi e radure, lambita da una laguna e un isolotto che formano un perfetto porto naturale. Al suo arrivo, il re Iarba di Massitania le si para davanti con tutto il suo esercito berbero, rivendicando il suolo e rifiutandosi di accettare che lei, una donna, possa essere a capo di un intero popolo. Elissa decidere di mettere da subito in chiaro il suo ruolo, contrattando lei stessa l’acquisto della terra, ricorrendo a un astuto stratagemma, con Iarba. Quello stesso Iarba che continua imperterrito a presentarsi ogni mese alla sua porta per chiedere la sua mano. Elissa, però, non è in alcun modo interessata a contrarre un secondo matrimonio, oltretutto di convenienza, e di dividere il suo regno con un uomo. Eccola finalmente nella sua nuova città, che ben presto da Byrsa diventa Cartagine. Anche lei, ormai, viene chiamata da tutti Didone, “l’errante”, in onore del suo viaggio. È lei, la regina, a occuparsi in prima persona di tutti gli oneri della fondazione della città e del suo sviluppo con mura difensive, abitazioni, strade, templi, santuari e teatri. Didone è una donna intelligente e pragmatica, non crede che gli dei dell’Olimpo siano in alcun modo interessati alla vita degli uomini. Parimenti, è convinta che i morti, purtroppo, siano relegati nel mondo dell’ombra e non abbiano alcuna possibilità di comunicare con chi cammina ancora sulla terra. Ma Didone ancora non sa che l’arrivo di un esule, fuggito insieme a un gruppo di compatrioti dalla loro città in fiamme, Troia, sta per sconvolgere quella sua nuova vita tanto duramente conquistata. Il suo nome è Enea...
Marilù Oliva, scrittrice, saggista e docente di lettere, si conferma una vera autrice a tutto tondo, capace di sfornare romanzi eccellenti che abbracciano i generi più vari, dal noir ai racconti brevi e all’epica. Ed è proprio con una rivisitazione dell’Eneide di Virgilio che torna sul genere classico, dopo l’imperdibile L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre, pubblicato sempre dall’editore Solerino nel 2020. Com’è noto, Virgilio compose il suo poema tra il 29 e il 19 a.C. per omaggiare Augusto, ormai diventato il primo imperatore romano. Vengono narrati la fuga di Enea e dei suoi seguaci da Troia in fiamme e il loro peregrinare nel Mediterraneo fino all’approdo sulle sponde laziali, dove suo figlio Iulo Ascanio avrebbe poi posto le basi del futuro Impero Romano. La Oliva non stravolge il racconto virgiliano di per sé, ma lo modifica in chiave femminile: e se Didone, in realtà, non si fosse suicidata a causa dell’abbandono di Enea, ma avesse preso in mano il suo vero destino portando lei stessa a compimento il volere del Fato? Leggendo questo romanzo si accostano nella mente due immagini legate al mondo cinematografico: La rivincita delle bionde, film con Reese Witherspoon del 2001, e Bastardi senza gloria, capolavoro di Quentin Tarantino del 2009. Il libro, infatti, vede come protagonista una donna che, contro ogni aspettativa, prende in mano la sua vita e porta a termine imprese impensabili (epiche, per l’appunto), dopo la scomparsa di quello che da sempre è stato considerato l’eroe principale del poema, proprio in barba a quella che è la “vera” storia tramandata nei secoli (la scelta di assassinare Hitler in un cinema ricorda qualcosa?). I capitoli vengono narrati in prima persona da tre donne, Didone, Giunone e Venere, che alternano le loro voci aggiungendo dettagli divini all’interno delle vicende umane, così come previsto proprio dai diktat della letteratura epica greca e latina. Didone è una donna più che moderna sotto tutti i punti di vista. Non intende piegarsi a matrimoni di convenienza ed è convinta che legarsi a una persona per la vita debba essere frutto della libera scelta da entrambe le parti. Soprattutto, non intende dividere il suo regno, duramente conquistato, con un uomo qualsiasi. Enea, al contrario, è la pallida ombra dell’eroe epico di virgiliana memoria. Viene descritto come fanfarone e millantatore, un omuncolo che senza i consigli del padre o dei suoi uomini più fidati non riuscirebbe a trovare nemmeno il suo naso. Lo stile di scrittura è volutamente aulico. Ricalcando alla perfezione quello dell’epica classica si adatta al genere narrato senza, però, risultare pesante. Le vicende del romanzo si sovrappongono a quelle classiche. Le lecite licenze poetiche dell’autrice non stonano in alcun modo e, anzi, evidenziano la sua approfondita conoscenza dell’argomento trattato, rendendo la trama ancora più interessante e avvincente anche per il lettore completamente digiuno di letteratura greca e latina.