
L’uomo a cui deve tutto, il suo mentore, l’artefice del suo successo e della sua notorietà, la persona grazie alla quale lui è diventato “lo Scrittore”, muore, a novantuno anni nel gennaio 2018. Si tratta dell’editore Bernard de Fallois e Joël reagisce alla sua morte nell’unico modo che si confà ad uno scrittore: decide di scrivere un libro su di lui, sul suo grande maestro nonché prezioso amico. Si chiude nel suo appartamento, al numero 13 di avenue Alfred-Bertrand, a Ginevra, e si butta anima e corpo nella scrittura, tollerando come unica presenza umana quella di Denise, la sua assistente, che lo sprona ad alzarsi di tanto in tanto dalla scrivania e a prendere una boccata d’aria. Ed è proprio tornando da una sessione di jogging mattutino che incrocia, all’ingresso del suo palazzo, Sloane, la nuova vicina di casa, una ragazza dal fascino disarmante. Joël ne rimane folgorato e inizia un corteggiamento che, all’inizio, lo distrae dalla consolidata routine monacale autoimposta e gli fa trascurare la scrittura. Poi però, dopo due mesi meravigliosi, il libro su Bernard prende nuovamente il sopravvento e il tempo che Joël dedica alla ragazza si riduce sempre più, tanto da spingerla a chiudere la storia che, in quei termini, non può funzionare. Affranto e solo, lo Scrittore perde ogni concentrazione ed ispirazione e realizza che l’unica cosa che potrebbe aiutarlo in quel momento è allontanarsi per un po’ da Ginevra. E la località di Verbier, incantevole paesino sulle Alpi molto amato da Bernard, è forse il luogo giusto in cui godere di un po’ di quiete e ritrovare se stesso. Joël accende il computer, si collega ad Internet e capita sul sito del Palace de Verbier, un albergo leggendario immerso in uno scenario che è proprio ciò di cui ha bisogno. Prenota senza indugi e sabato 28 giugno 2018, all’alba, infila la valigia nel bagagliaio della sua auto e parte. Al Palace viene accolto da un personale gentilissimo e premuroso, che gli assegna una delle suite più belle, la 623. Il fattorino lo accompagna al sesto piano e, attraversando il corridoio, lo Scrittore guarda sfilare i numeri delle camere: 620, 621, 621bis, 623. Che strano, la stanza 622 non c’è...
A due anni dall’uscita di La scomparsa di Stephanie Mailer, torna Joël Dicker e lo fa con una vicenda che è un incastro perfetto tra thriller, biografia e storia d’amore; una storia zeppa di colpi di scena, di personaggi sfaccettati che si affacciano sulla scena nascondendo parecchie verità; una storia di tradimenti, inganni e ambizioni. Un thriller congegnato con la precisione di un orologio svizzero – e in Svizzera d’altra parte si ambienta l’intera vicenda - in cui ogni azione ed ogni personaggio non è come appare e nasconde oscuri segreti; un romanzo che parla di rapporti, di padri, di madri, di amanti e di vita. Un misterioso omicidio, un cold case le cui indagini si sono interrotte senza condurre ad alcun risultato certo, se non la fretta di cancellare più in fretta possibile la memoria del delitto. E quindici anni dopo il sipario si alza sulla stessa scena, nella quale si ritrovano uno scrittore, che teme di venir colpito dal famigerato blocco che gli impedirebbe di portare avanti il lavoro al quale si sta dedicando, ed una curiosa e dinamica ragazza. Insieme cercano di indagare su quell’omicidio mai risolto- a rendere la storia ancora più intrigante, interessante è l’espediente di non rivelare il nome della vittima se non ben oltre la metà del romanzo- e sui dubbi ad esso legati. Passato e presente si intersecano in una continua mise en abyme, in un gioco di specchi ed incastri abilissimo che si dipana su due linee temporali diverse, così come la penna di Dicker ha da sempre abituato il lettore. Mentre si svelano così i segreti di ciò che è accaduto nel passato nella camera 622 dell’Hotel Palace di Verbier, incastonato tra mozzafiato montagne innevate, si seguono, nel contempo, le indagini della Scrittore e della sua nuova amica, in un continuo alternarsi di colpi di scena e rivelazioni, che mantengono il ritmo del romanzo assolutamente serrato ed incalzante per le oltre seicento pagine del libro. Una narrazione dipinta con pennellate ferme e decise che racchiude in sé, oltre che un’avvincente storia, anche una riflessione sull’arte della scrittura e sul rapporto tra scrittore ed editore. Con continui riferimenti, attraverso aneddoti o ricordi, all’editore scomparso - Bernard de Fallois, reale editore e caro amico di Dicker - l’autore rivive, e consente al lettore di scoprire, una bella storia di amicizia, che sa emozionare e diventa espediente per elaborare il lutto. Un thriller quindi con un valore aggiunto, anzi due: un omaggio, neppure troppo nascosto, e un’apprezzatissima dichiarazione di riconoscenza nei confronti di un amico vero.