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L’estate che sciolse ogni cosa

L’estate che sciolse ogni cosa

È una tiepida giornata d’inizio estate del 1984 a Breathed, in Ohio. L’avvocato Autopsy Bliss ha già dimenticato la lettera provocatoria con cui, qualche giorno prima, ha invitato in città il diavolo in persona. Per questo all’inizio nessuno prende sul serio il ragazzino di colore con dei brillanti occhi verdi, smagrito dalla fame e con indosso una salopette strappata e lercia, che afferma di essere l’incarnazione del Male. Sal, come si farà chiamare il ragazzo (dall’unione di Satana e Lucifero), è un vero mistero per tutti: non ha le corna o una coda a punta, ma due profonde cicatrici sulle spalle che, dice, risalgono a quando Dio gli ha tolto le ali d’angelo. La famiglia Bliss cerca di mantenere il raziocinio: Fielding e Grand, i due figli, ingannano il tempo con Sal mentre Autopsy e sua moglie Stella, assieme allo sceriffo della città, cominciano a cercare tra gli annunci dei bambini scomparsi, convinti che questo bambino debba pur venire da qualche parte. Intanto in città cominciano ad accadere delle cose: brutte cadute, incidenti d’auto, siccità... e sarà solo l’inizio. A peggiorare la situazione arriva il vicino di casa Elohim, uomo anziano e rancoroso. Sarà lui ad annunciare alla città che il diavolo è tra loro, e a cominciare a collegare ogni evento negativo a “quel ne*ro”. Il caldo e la paura convincono la popolazione che deve davvero trattarsi del demonio, causa di tutti i loro mali, e l’odio, piccola scintilla iniziale, esplode con violenza. Il racconto di Fielding, ormai ottantenne, è pieno di rancore e tristezza. Il caldo di quell’estate gli ha portato via tutto l’amore possibile, e il resto della sua esistenza sarà solo un lento trascinarsi nelle vite altrui, senza mai trovare la felicità che pensa di non meritare...

Tiffany McDaniel racconta un’estate ai confini della realtà, o almeno così sembra: un giorno, il diavolo arriva in città. Non ha le corna, la coda o gli zoccoli, ma non è neanche un bambino normale. Osserva gli uccelli con la nostalgia di chi un tempo poteva volargli accanto. Racconta la sofferenza, il dolore e il peccato, come chi li sperimenta ogni giorno. E porta con sé una temperatura asfissiante: “Dopo tutto, il caldo non è forse il volto del diavolo?”. Eppure, ben presto, ci si rende conto che ciò che tendiamo ad addossare all’entità maligna per eccellenza, vive latente in ognuno di noi. Sal è infatti solo un ragazzino, scappato da un padre violento, e questo è il racconto di come pregiudizi e paure siano micce che possono scatenare fiamme violente e distruttive. La rappresentazione perfetta e realistica di un’America, e di un mondo in pieni anni Ottanta (gli anni dell’HIV), ancora divorati da ignoranza, omofobia e razzismo. L’autrice non lascia niente al caso: ogni capitolo è introdotto da un verso del Paradiso perduto di John Milton, a sottolineare il legame con la felicità immortale che il diavolo ha perso per sempre, in quell’atto di superbia che lo condannò; l’ambientazione è quella del classico paesino di provincia, dove tutti conoscono tutti e l’apparente tranquillità nasconde i segreti più oscuri; la storia è raccontata settant’anni dopo da Fielding, unico sopravvissuto – se così può essere definita quest’anima in pena – a quell’estate terribile. In questo modo, il lettore avverte in ogni pagina il rammarico per tutte le cose che potevano essere dette, e le persone che potevano essere salvate. La differenza tra bene e male è così sottile da essere impercettibile. Il moralismo e i giudizi, nelle parole della McDaniel, sono inesistenti, ma la violenza non è mai giustificata. Una scrittura che scarnifica, che non lascia in pace neanche il lettore, e che ci rende tutti ugualmente colpevoli, a un passo dall’abisso.