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Lettera a Telemaco

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La poesia è nella città e in coloro che la popolano. È nei sentimenti, nei gesti e nelle cose. “Di sera, all’imbrunire, la città / improvvisa uscendo dal casello / sul raccordo appare. Distesa, / palpitante nottiluca; due cani / s’accoppiano fugaci nella rapida / sequenza di fari” leggiamo nella lirica che apre la raccolta e che costituisce un inno alla vita in sé, ma soprattutto alla vita accanto alla persona amata. Perché - che ne siamo consapevoli o meno – “la vita è dentro piccole cose / in tazzine da caffè, nelle lancette, / o nel riso incrociato per caso”, ricorda il poeta all’amico Maurizio al quale dedica un’acuta, affettuosa e saggia, poesia in acrostico per i suoi primi quarant’anni. La lirica che dà il titolo alla raccolta è un inno al figlio, contemplato e vissuto nel mistero e “nella regalità dei sedicianni”; un figlio che, afferma Amendola, si rivela “a me uguale, vulnerabile”, e insieme portatore di doni e di significato dell’esistere. Poi leggiamo versi in cui riecheggiano, terribili, drammi della nostra storia recente: la strage di Bologna, quelle di piazza della Loggia a Brescia e di piazza Fontana a Milano: “I luoghi mi svelano la forma, / il modo d’essere e testimoniare, / senza aggiungere altro”…

Questa raccolta postuma di Luigi Amendola (Roma, 1951-1997) è magnanima e definitiva come un testamento, rivolto al figlio, a chi rimane, a chi verrà dopo. Amendola è stato giornalista per i quotidiani “L’Unità” e “la Repubblica” e per Radio3. Come poeta vinse il Premio Eugenio Montale nel 1986 e fondò la rivista “Versicolori”, che si rivelò tra le più significative degli anni Ottanta. Dacia Maraini scrisse la presentazione al suo primo romanzo Carteggio del rancore (1986). Lettera a Telemaco si apre con un appassionato ricordo di Francesco Piccolo e si chiude con versi dedicati ad Amendola da Luigina Ruffolo, Mario Lunetta, Stanislao Nievo, Vito Riviello, Goffredo Masotti, Tonino Valentini, Francesco Dalessandro, Antonio Amendola, Mario Luzi, Antonella Anedda, Silvia Bre, Marco Lodoli, Maria Luisa Spaziani, Plinio Perilli, Valerio Magrelli e Marco Pedone, versi già apparsi su “Versicolori”. Garbata e intelligente, spontanea e sapiente, appassionata e riflessiva la poesia di Lettera a Telemaco parla ai lettori e li coinvolge nel mondo del poeta, che diviene universale, tanto da essere riconosciuto come mondo nostro, di tutti noi, e come felice occasione di conoscenza, di dialogo, di condivisione della vita e dei sogni. Lo suggerisce anche la magistrale conclusione della poesia che Marco Lodoli dedica a Luigi: “Eppure tu dicevi: È una fortuna / amare le parole, darle in giro, / è bello dire leggi, scrivi, tocca”. La foto è di Dino Ignani.