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Lettere alla moglie di Hagenbach

Lettere alla moglie di Hagenbach

L’illustre criminologo tedesco professor Flesherman si trova a Berlino e vaga smarrito in Potsdamerplatz, tentando di riconoscere compiutamente il luogo in cui sitrova, gli edifici da cui è circondato. Pensa che la città sia smisurata, che stia allargando le proprie forme in maniera autonoma, senza intervento umano. In altri termini Berlino appare all’uomo come una città che si autoproduce alimentata da forze segrete che la fanno estendere a dismisura impedendo a chi la visita di riconoscerne i confini. Ad un certo punto una signora di età avanzata gli si avvicina per aiutarlo. Il professore incerto spiega alla vecchietta che la sua meta è la Potsdamerplatz, ma che non è sicuro del luogo in cui si trova. Ma certo, dice la donna aprendosi in un sorriso spontaneo, “Questa è proprio la Potsdamerplatz” e indica una specie di grattacielo che Flasherman equipara ad una torre di guardia priva di sentinelle e con migliaia di lampadine accese. Mentre avanza nella piazza inizia a pensare alla donna che è stata uccisa al posto di Rosa Luxemburg. In effetti dovevano pur mettere qualcuno nella bara. Immagina un gruppetto di Freikorps che si aggira per la piazza alla ricerca di qualche prostituta. Una di quelle solitarie, che fanno il mestiere da poco. Magari ancora giovane, inesperta. Uno del gruppetto va in avanscoperta, adesca la donna, la porta in un vicolo e qui viene raggiunto dagli altri, e la uccidono. Poi la buttano nel fiume. Così è la storia, pensa Flesherman: “Una beffa. Una colossale beffa”…

Il romanzo di Giuseppe Aloe, incentrato sulla figura di un criminologo affetto da un principio di demenza senile, affronta dal punto di vista letterario uno degli snodi problematici dell’esistenza umana: quello della fragilità determinato dalla malattia. Il protagonista difatti è un individuo brillante e famoso che gradualmente si smarrisce a causa di un’incipiente patologia che ne menoma le facoltà mentali. E tuttavia l’esito narrativo non è rappresentativo della caducità dell’esistenza quanto piuttosto della inesauribile vitalità che si cela all’interno di ogni mente umana, ciò grazie anche ad una fitta rete di relazioni che ciascun individuo intesse col prossimo per ragioni pura istintualità sociale. Flesherman si salva attraverso i gesti di Vanderlei, una studentessa che si prostituisce per mantenersi all’università e che del tutto spontaneamente, tradendo lo stereotipo che ciascuno assegna alla figura, conduce il protagonista verso un obiettivo. Il brillante accademico si salva altresì assecondando la vitalità della giovane e lasciandosi trasportare dall’eros. Il lettore, in quest’opera complessa e affascinante per lo stile compiuto e definito, per i rimandi colti a Kafka e Shakespeare, si troverà ad apprezzare l’analisi che l’autore compie della decadenza mentale ma al contempo avrà modo di riflettere sull’importanza di valori come la gratitudine e la solidarietà. Flesherman – protagonista assoluto del romanzo – figura delineata a tutto tondo dall’autore è personaggio interessantissimo; con i suoi percorsi vitali solo apparentemente tortuosi, sullo sfondo di una Germania immota e luminosa, simboleggia ciascuno di noi e nel romanzo questa compiutezza di intenti narrativi si percepisce già dalle prime pagine. Il testo presenta una complessità di temi e di stimoli intellettuali che esorbitano dalla trama e che catturano il lettore conducendolo verso riflessioni metafisiche. Quanto allo stile Aloe si manifesta anche in quest’opera uno scrittore originalissimo sia per le immagini simboliche che presenta al lettore in maniera del tutto disinteressata sia per l’utilizzo cristallino e compiuto delle frasi. Una scrittura piana ed armoniosa, incisiva ed essenziale, seducente proprio come la coprotagonista Vanderlei.

LEGGI L’INTERVISTA A GIUSEPPE ALOE