
Mediterranea scrive a sua sorella Atlantica. Le confida che sta diventando sempre più difficile, per lei; continuano a riempirla di oggetti, cose estranee e inanimate. Non riesce a comprendere le ragioni di questo comportamento. Si tratta forse di vendetta? Uomini, donne bambini naufragano, muoiono in lei, a centinaia. Quando le murene si avvicinano ai corpi, distoglie lo sguardo. Chiede alla sorella di raccontarle una storia; Atlantica le narra di quando ha carpito una perla, il ricordo di una giovane donna che da piccola era stata in vacanza in Toscana con la famiglia e aveva soggiornato presso delle suore. Il giorno del rientro, un’anziana suora le porge una pesca. Quel gesto, così semplice, è parso alla bambina di un’importanza profonda così aveva stretto a sé la pesca, come fosse un oggetto prezioso. La famiglia aveva poi sostato al mare. La bambina si era diretta verso la riva e, d’un tratto, la pesca le era caduta dalle mani, quasi le acque avessero reclamato il frutto. In fondo, aveva pensato la ragazzina, quella pesca apparteneva alle acque, perché ogni cosa proviene dalle acque. Ed è nelle acque dei mari che tutto, senza tragedia, senza clamori come l’Icaro del quadro di Bruegel, è destinato a finire...
Non è semplice definire questo libriccino, così breve e allo stesso tempo così denso. Jacobsen si serve di un linguaggio assai lirico per imbastire un dialogo epistolare tra due sorelle acquoree, nella fattispecie le acque del Mar Mediterraneo e quelle del Mar Atlantico. I due mari, personificati femminilmente in Mediterranea e Atlantica, si scambiano lettere nelle quali riflettono sulla propria condizione, su quella del pianeta e del futuro a cui esso è destinato. Il discorso di Mediterranea e Atlantica - la prima più giovane, speranzosa e mossa da una certa affezione nei confronti degli umani, la seconda più anziana, stanca e disillusa - appare infuso di toni mitici. Nelle loro conversazioni, le parole fanno riferimento a un tempo primigenio, un tempo in cui erano loro, le acque di tutti i mari, a essere fonte e centro dell’intero Creato. La scelta di dare autonomia alle creature, di permettere loro di staccarsi e intraprendere un’esistenza sempre più indipendente ha comportato una serie di conseguenze e di problematiche, la più grave delle quali è l’innalzamento delle temperature. In Lettere tra due mari, assistiamo alla presa di parola del mondo in sofferenza, un mondo che si esprime attraverso le voci femminili delle acque, che sono al contempo madri e sorelle, a volte più intransigenti talora più accomodanti e comprensive nei confronti dell’umana sorte. Il lirismo del testo si riflette nelle illustrazioni dell’artista danese Dorte Naomi, incisioni in bianco e nero che traducono il respiro arcaico, metaforico e quasi astratto della narrazione.