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Lettere a un giovane poeta

Lettere a un giovane poeta
La solitudine è una possibilità, una condizione nella quale trovare quel desiderio nascosto che può e deve uscire, che "usato in modo ponderato e come uno strumento, vi aiuterà ad ampliare la vostra solitudine". Così scriveva Rainer Maria Rilke al giovane scrittore Franz Xaver Kappus nei primi mesi dell’anno 1903 nelle sue lettere scritte da "Viareggio, vicino a Pisa", da Brema, da Roma nel periodo in cui tennero questa corrispondenza durata circa tre anni e pubblicata postuma. Kappus si era rivolto a Rilke per chiedere consiglio sul suo modo di poetare e lui, lontano da assumere un atteggiamento cattedratico, parla di sé e del suo modo di concepire la scrittura: l’unico suggerimento più diretto è forse quello di assumere un atteggiamento di ascolto e di rileggere le proprie opere come se appartenessero a qualcun altro e restando completamente scevri da ogni giudizio altrui...
Rimasto per molto tempo un po’ in sordina in Italia, negli anni Trenta ovvero al momento della loro pubblicazione nei paesi sassoni divenne un testo à la page e vissuto come una raccolta di precetti di vita. Lettere ad un giovane poeta è stato, insieme alle altre opere dello scrittore austriaco, fortunatamente riscoperto ed apprezzato. Oggi viene considerato come una sorta di testamento letterario dove il processo di scrittura diventa una vera e propria esigenza, un modo, sovente difficile e doloroso di espressione della coscienza, un processo che non ha tempi comandati, che matura a poco a poco e quando poi si manifesta stupisce persino chi lo ha vissuto. Le lettere sembrano immagini riflesse dello spirito di Rilke che trova nel condividere pensieri e impressioni un ulteriore modo di mettere a fuoco ciò che arde dentro di lui. "Le opere d’arte", scrive, "sono di una solitudine infinita, e nulla può raggiungerle meno della critica (…) chi crea deve essere un mondo per sé e in sé trovare tutto, e nella natura sua compagna". Ci troviamo dunque di fronte ad un’opera che invita alla riflessione che ‘utilizza’ la forma epistolare per far riflettere sulla grandezza dell’esistenza, sulla natura: "dobbiamo immaginare la nostra esistenza quanto più vasta possibile", consiglia Rilke, "tutto, anche l'inaudito, deve trovarvi spazio. È questo in fondo l'unico coraggio che si richieda a noi: essere coraggiosi verso quanto di più strano, prodigioso e inesplicabile ci possa accadere".