28 novembre 1944: Enver Hoxha - che, oltre a essere primo segretario del Partito del Lavoro sarà dittatore d’Albania per oltre quarant’anni - entra da vincitore a Tirana, dopo averla liberata dall’occupazione nazista. In capo a pochi mesi la nuova Repubblica albanese si fregia di una Dichiarazione dei diritti dei cittadini in cui figura ogni tipo di libertà, da quella di parola a quella di stampa, fino alla libertà religiosa. Ben presto, però, le cose iniziano a cambiare, e le esigenze di controllo dello stato autoritario si fanno più forti dei propositi: così - con l’aiuto dell’amico jugoslavo e spalleggiato dall’orso russo - il potere di Hoxha dà il via alla repressione, e a farne le spese sono tra gli altri i sacerdoti (ma anche gli ordini ecclesiastici più presenti, soprattutto gesuiti e francescani, che avevano messo radici in quelle terre in età medievale), colpevoli di indottrinare il popolo in direzione anti-comunista, ovvero anti-materialista...