Corrono, latrano, si muovono in branco nel fitto della foresta, lontani dagli occhi dell’uomo, da un posto caldo, da una mano che liscia il loro pelo ai piedi di un letto. I cani selvaggi sono là fuori, dentro la notte, sono nel nome del sangue, dell’istinto e della fame, sono quello che anche noi vorremo essere, senza più sapere come: liberi. Ai margini del bosco, ogni sera, sei persone si stringono le une alle altre e chiamano i loro cani. Cani che li hanno lasciati o che sono stati allontanati da casa e che non rispondono più alle voci di chi li ha amati perchè non appartengono a nessuno se non a loro stessi. Narrano coralmente le storie dei cani, il senso di perdita, l’assenza incurabile crogiolandosi in una solidarietà fittizia che ha la consistenza della carta velina e che, nonostante tutto, sembra essere l’unica cosa in grado di salvarli mentre poggiano i piedi sul bordo di esistenze polverizzate. L’amore che nasce tra Alice e una donna lupo, studiosa del branco dall’animo impenetrabile, è dilaniante, si nutre di silenzi, di parole non dette, di sensazioni che si possono solo annusare ma non possedere, si alimenta di istanti fugaci e mai di abitudine né di stabilità. È dirompente, irrazionale e lascia inermi perchè non molla mai la presa, ti resta addosso e scava solchi profondi quando se ne va, proprio come hanno fatto i cani selvaggi...
L’amore è come i cani, si traveste di mansuetudine che poi, tolta la maschera, diviene opportunismo. È quel sentimento che ti da la caccia, che dona l’illusione dell’infinito e che poi diventa flebile ricordo, come un latrato che si perde nel buio. Helen Humphreys traccia con poche, decise pennellate sanguigne un lucido affresco del rapporto ambiguo e inafferrabile tra una natura primitiva e il tentativo dell’uomo di restare aggrappato alla sua libertà più autentica. Una metafora lucente di quell’amore che pulsa come fuoco nelle vene e che, spesso, non riconosce più chi si è tanto amato. Essere selvaggi vuol dire non dover rispondere a nessuno né poter deludere alcuno, significa tollerare la vicinanza di qualcuno senza per questo dipenderne. I cani selvaggi sono così, liberi dalle costrizioni, lontani dalle paure, padroni assoluti delle loro scelte.