La letteratura russa è imbevuta di una tensione religiosa e di problematiche etiche che affondano profondamente le radici nei precetti cristiani. E di contraddizioni che altrettanto profondamente contravvengono alle norme del cristianesimo, ossia ai dieci comandamenti. Prendiamo Anna Karenina: un’adultera che disobbedisce scandalosamente alla sesta regola del Decalogo, saldando il conto della sua colpa con la vita. E Raskòl’nikov? Ruba andando contro il settimo imperativo. A questo peccato ne aggiunge un secondo, più grave, il delitto vero e proprio, che verrà punito con l’adeguato castigo. Anche la storia dei Karamazov ruota intorno a un comandamento, il quarto, e alla sua negazione, dal momento che tutti e tre i fratelli accarezzano, in modi differenti, l’idea della morte del laido padre. Il padre poi muore davvero per mano del quarto fratello, l’illegittimo e misconosciuto Smerdjakòv, che mette in pratica la teoria di Ivàn del “tutto è permesso”. Queste infrazioni sono palesi. Ma ve ne sono altre, più sottili. In che modo, ad esempio, Oblomov, che ha “la candida grazia e la rotonda tenerezza d’un fiocco di neve” può violare con la sua sorridente ignavia l’obbligo di santificare le feste? Igor Sibaldi ce lo spiega...