È passato molto tempo da quando Moraes Zogoiby è sfuggito a Vasco Miranda, che lo aveva rinchiuso in una torre, imponendogli di narrare la sua triste storia, di rievocare anni di dolore. Moraes è figlio di Aurora da Gama, ricca ereditiera e pittrice, e dell’ebreo Abramo. È affetto da invecchiamento precoce, causato da una malattia genetica o dall’anatema della perfida nonna paterna, così la sua vita ha una velocità doppia rispetto al normale. Il suo racconto parte da molto lontano: il cognome della sua famiglia deriva dal sultano Boabdil El-zogoybi, “lo sventurato”. Sin dal capostipite la sua razza è condannata alla sofferenza. Nei secoli si sono succeduti contrasti fra consanguinei, amori osteggiati, figure femminili autorevoli, personaggi bizzarri come Aires o evanescenti come Solomon. La storia degli Zogoiby si intreccia con la travagliata storia dell’India, dalla lotta per l’indipendenza agli scontri fra musulmani e induisti. In questo marasma di eventi spicca la figura di Raman Fielding, vignettista noto come Mainduck, che diventa leader dell’Asse di Mumbai (ispirato allo Shiv Sena, partito di idee filonaziste realmente esistito), e immagina un Paese basato sull’oppressione delle minoranze e sull’esaltazione dell’induismo. Abramo è l’emblema del sistema che l’AM vuole abbattere, perché borghese ed ebreo. E Moraes, come una scheggia impazzita, un meticcio senza radici che combatte contro le sue origini, si lega a Mainduck per un senso di rivalsa nei confronti del padre...