Tsukiko è una donna indipendente di trentotto anni. Non ha una storia importante e ama passare il suo tempo a bere in una delle tante nomi-ya della capitale giapponese. Una sera per caso rincontra il suo vecchio professore, che l’accompagna nella bevuta di sake caldo accompagnato da piatti veloci e preparati al momento. Il Prof diventa piano piano un compagno di bevute e di uscite notturne, spesso ad altissimo tasso alcolico: la rilassatezza donata dall’alcol permette ai due di conoscersi un po’ meglio. Lui, sempre ben vestito, con la cartella di ordinanza, dalla schiena eretta e dalla giusta postura, pronto a redarguirla sul linguaggio e sul comportamento più appropriato da tenere; lei, diretta, poco incline ai rapporti umani e costantemente inopportuna. Fanno parte di due generazioni diverse che rappresentano il Giappone in modo totalmente distante per etichette e stili di vita: se per lui è inconcepibile che una donna versi da bere ad un uomo, per lei è altrettanto inimmaginabile che lui riesca a vivere senza un telefono cellulare. Dandosi del “lei”, con i loro tempi fuori dall’ordinario, imbattendosi casualmente nell’altro o passeggiando tra boschi o sotto la pioggia, diventano lentamente indispensabili l’uno per l’altra, abbandonandosi ad un sentimento che arricchirà le loro vite...
La leggerezza poetica con cui Kawakami Hiromi racconta questa storia d’amore è la sua cifra stilistica, che l’ha resa una delle più importanti scrittrici del suo Paese (proprio per questo romanzo ha ottenuto nel 2001 l’ambitissimo premio Tanizaki). Il suo modo di narrare i sentimenti e le passioni umani è anni luce lontano da quello di scrittori suoi contemporanei più famosi come Murakami Haruki o Natsuo Kirino. Entrambi i protagonisti sembrano non pensarci troppo, ma come fosse scontato si amano con la stessa naturalezza con cui assaggiano il tofu appena cotto. Tokyo è una città enorme che non ostacola però i loro incontri fortuiti. Tsukiko e il Prof non vengono risucchiati dalla folla caotica della capitale: sono l’una la certezza dell’altro, anche nella temporanea assenza. Il loro percorso è scandito dalla poesia giapponese, con le citazioni del vecchio professore di liceo, che non si lascia scappare l’occasione per tornare in cattedra e erudire la sua amata allieva. Anche la descrizione della natura e del tempo atmosferico (non a caso il titolo della traduzione inglese di questo romanzo è proprio Strange weather in Tokyo) va di pari passo con quella della loro consapevolezza interiore. Finale poetico in linea perfetta con il resto del libro.