1962, Roma, via Cristoforo Colombo. Il piccolo Renato è in macchina col padre. Un’auto si affianca al semaforo, lo sguardo del bimbo incrocia quello della donna al volante che si ravvia i capelli e gli dice “Ciao, nì”. Era Anna Magnani e quel “Ciao, nì”, come sanno bene i tanti sorcini, diventerà un’espressione tipica del loro amato Zero. C’è un’infanzia piena di donne - la madre, le sorelle, le amiche - c’è la voglia di esprimersi in tutti i modi, c’è la Roma di Fellini e Cinecittà, dei provini e del Piper. C’è un disco invenduto e un tour di porte sbattute in faccia, c’è un musical, un’opera rock e c’è la prosa; poi un messaggio in un barattolo, David Bowie che in qualche modo apre una strada e la voglia di portare sulla scena quello che sta dietro una maschera. C’è un’originalità conquistata a fatica, i primi dischi e gli inizi difficoltosi e poi una porta che si apre e tante occasioni per dimostrare ciò che si vale. Concerto dopo concerto, tournée dopo tournée, successo dopo successo, Renato Zero si appresta a divenire l’artista che tutti noi oggi conosciamo ed amiamo…