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L’imperfezione delle madri

L’imperfezione delle madri

Seduta davanti alla scrivania del suo ufficio, Angela continua a ripetere in testa il progetto che da settimane le frulla nel cervello. Deve assolutamente dare una svolta alla piattezza della sua esistenza, deve mettersi in salvo dal nulla che sta divorando la sua quotidianità. Ha deciso di rompere ogni indugio il giorno precedente, quando, più o meno all’ora del tramonto, si è resa conto di aver appena trascorso una domenica senza aspettative, uguale a qualsiasi altro giorno della settimana, con suo marito Andrea e sua figlia Azzurra totalmente privi di empatia e intorpiditi, mentre lei continuava a morire dentro. Anche per Azzurra la domenica è una giornata orribile e Dio solo sa come faccia a resistere al pranzo senza sbarellare. La Muffa e il Muflone- così chiama sua madre e suo padre- ad ingozzarsi per sfuggire al silenzio ingombrante e per impegnare le bocche in attività alternative all’uso della parola. Azzurra si alza da tavola prima del caffè, sperando di poter tornare ai tempi in cui la domenica a pranzo c’era nonna Agata, con la quale, subito dopo aver mangiato, si chiudeva in cameretta. Le due si stendevano sul letto, una accanto all’altra, nonnina prendeva un bel respiro, cominciava a raccontare e riusciva a portare la nipote in un mondo fatato, fatto di streghe e principesse, fate e animali parlanti; un mondo in cui, a volte, i finali erano al contrario, perché le storie dritte erano noiose. Anche Angela ricorda sua madre Agata, quando certe sere la cucina di casa diventava un luogo inospitale e freddo e la donna ci navigava dentro indossando una vestaglia azzurra stazzonata e stringendo tra le mani un bicchiere di vino. Angela rivede gli occhi della madre, quegli occhi che la guardavano senza vederla e avevano dentro le lacrime in agguato. La situazione era degenerata quando suo padre se n’era andato di casa, per andare a stare da quella donna, l’altra. E Angela immaginava che quella donna non fosse altro che una strega, una che, con le esche di marzapane, anziché rubare i bambini, sottragga i papà...

Una storia forte e a tratti scomoda, che si insinua senza sconti nella coscienza del lettore e racconta che, nonostante l’imperfezione di ciascuno di noi - anzi, proprio grazie ad essa - si può sempre ricominciare, senza dover cancellare i vuoti, le assenze e i fallimenti che accompagnano la vita di ognuno. Una riflessione profonda e spietata sul rapporto madri- figli, legame indissolubile che, se apparentemente pare farsi trappola, diventa alla fine risorsa salvifica e necessaria per ripartire. La storia di Agata, Angela e Azzurra - tre generazioni della stessa famiglia - pur nella sua unicità riflette quella di molte donne, di molte figlie che ignorano il passato di dolore che ha reso le madri quelle che sono, di molte madri che riscoprono il valore di un abbraccio, di una condivisione e di un perdono. Un potente omaggio alle donne, alle loro debolezze e alle loro imperfezioni: c’è chi ha vissuto la fine del suo matrimonio come una ferita che sa di sconfitta e si chiude in una disperazione dalla quale sembra non esserci via d’uscita; c’è chi non ha più dialogo né complicità con il marito e cerca il cambiamento attraverso una sorta di trasgressione; c’è, infine, chi, non più adolescente, ne rivela ancora le caratteristiche, comportandosi in maniera immatura ed egoista per celare, in realtà, profonde fragilità di fondo. Tre donne - legate sia da vincoli di sangue che da somiglianze che, almeno inizialmente, non sanno riconoscere - che hanno ingaggiato una lotta senza esclusione di colpi con se stesse e con il loro avvenire; tre animi convinti che non ci sia possibilità di svolta; tre esistenze per le quali l’amore verso la figura maschile - poco presente, nel romanzo, e comunque destinata ad occupare un ruolo decisamente secondario - è deludente e spesso fonte di angoscia. Quando, tuttavia, ciascuna delle protagoniste giunge all’accettazione di sé e del proprio bagaglio di imperfezioni e fragilità, ecco che i nodi nascosti che legano le loro vite si fanno più saldi e i legami - che non sono più esclusivamente di sangue ma raggiungono una nuova consapevolezza - diventano acciaio in grado di farsi corazza per sostenere ogni difficoltà e ridisegnare i margini delle proprie certezze. Marida Lombardo Pijola - scrittrice e giornalista di origine pugliese, per trent’anni inviata speciale per il quotidiano “Il Messaggero” e da poco prematuramente scomparsa - offre ai lettori un romanzo intenso, che alterna pagine affilate e taglienti ad altre ricche di poesia e di speranza.