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Lingua madre

Lingua madre

Paolo Prescher, anagramma vivente, vive a Bolzano, insieme alla sorella e ai genitori e pensa che le parole siano sporche. Odia la sua città per il continuo e illusorio riferimento al bilinguismo che vuole creare un’armonia identitaria senza riuscirci e odia le parole che non dicono quello che dovrebbero dire - ma anche le persone che le pronunciano. È ossessionato dalle parole. Da quelle inutili, difficili, sporche o che non si possono pronunciare come quelle che escono dalla bocca della madre Giuliana e della sorella Luisa. Ma ci sono anche parole pulite, belle, sincere come quelle che suo padre Biagio non pronuncia più dopo un incidente che l’ha reso afasico. Lui sa che è colpa della madre che gli ha sporcato le parole con i litigi continui, i pianti e il modo superficiale con cui le usa e manipola. La parola afasia è per Paolo un enigma poiché sa che c’è una lotta fra gli psichiatri e gli psicologi, fra gli uni che la chiamano afasia e gli altri che la chiamano mutismo. E nessuno vince. Così come c’è una lotta fra la madre e la nonna, l’edicolante e il macellaio, la vicina e il giardiniere. E anche lì nessuno vince. La madre gli dice che bisogna parlare alle piante ma Paolo, pur provandoci recitando una poesia a caso, non riesce a farle parlare deducendo quindi che anche le piante soffrano di una qualche forma di afasia. Nessuno capisce quando fa la distinzione fra parole sporche e parole pulite, anche se prova a spiegare che le lentiggini puzzano di latte e i capelli rossi sanno di bruciato e anche le parole lentiggini e rosso sono sporche ma se incontra una ragazza alla fermata dell’autobus con le lentiggini e i capelli rossi in quel caso le parole sono pulite poiché la ragazza gli piace. Ha capito che se le parole le scompone e guarda le lettere gli dicono sempre la verità, sono sincere e svelano i segreti. Madre, per esempio: Emme, a, di, erre, e = MADRE. Emme e erre di a = MERDA. Merda Madre. Per la donna, Paolo è un ragazzo speciale (ma a lui non piace questa definizione) mentre lei e Luisa sono belle, “(...) non capiscono che la bellezza è un’altra cosa. La bellezza è nella voce, nelle parole che dici e che hai in testa. Più parole sporche hai e dici, più sei brutta”...

Vincitore della XXXIII edizione del Premio Calvino, Lingua madre è un libro molto particolare. La prima parte è divertente ma poi arriva la parte drammatica, che riesce ancora a confondersi con quella serena, per terminare infine in maniera originale, in un crescendo di emozioni e sensazioni. Un libro che commuove, intenerisce ma riesce anche a spaventare e irritare. Maddalena Fingerle scrive un romanzo semplice e complesso allo stesso tempo, divertente e tragico, completo, maturo, profondo, tutto costruito attorno alle parole, che vengono analizzate in profondità nel significato, nella struttura, ma anche nel suono con tutta la potenza, la verità e l’ipocrisia. L’italiano, il tedesco o meglio il dialetto tedesco, il bilinguismo, Bolzano, Italia, Germania. Si parla (appunto!) di famiglia, di città, della lingua italiana, di quella tedesca ma anche, sullo sfondo, del dramma del delirio fascista di imporre l’italiano, di vietare i dialetti, di sporcare la lingua. Alcuni racconti della Fingerle sono usciti su «Nazione Indiana», «CrapulaClub» e «Narrandom».