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L’innominabile

L’innominabile

Una voce esce da un luogo privo di coordinate spaziali e giunge da un tempo in divenire. Si interroga, con tono smarrito sul dove e il quando, perfino sul chi. Essa oscilla tra il tentativo di comprendere le sue circostanze e la divagazione su altri argomenti. Pur sospeso in una condizione di inconsapevolezza totale, sostiene di possedere come unica forma di conoscenza ciò che gli deve essere stato inoculato da uomini misteriosi di cui può sentire le voci benché essi non siano lì con lui. Un retaggio misterioso fa di lui quel che non sa comprendere e dunque esprimere, un bersaglio colpito che oscilla in un luogo di costrizione, in una condizione di paura e di costrizione forzata. Le forme del linguaggio sono umane, le sue domande invocano risposte vitali che non sopraggiungono alimentando ulteriore desolazione e lasciando vagare nel vuoto di un silenzio assordante interrogativi che ne alimentano di ulteriori in un infinito e disperato procedere, privo di prospettive e di punti di ancoraggio possibili nel buio diffuso che nemmeno il rigurgito di alcune confessioni riescono a rischiare...

Ne L’innominabile, l’assunto dell’indicibilità delle cose, che era stato teorizzato a inizio Novecento da Hofmannsthal, Rilke e Wittgenstein, viene condotto da Beckett alle sue più estreme conseguenze. Ne è protagonista la voce di uno sconosciuto che nell’oscurità di un corridoio parla tra sé e sé, ponendosi domande di carattere esistenziale e raccontando frammenti di vicende che sembrerebbero legate ad altri personaggi, ma in verità sono riferite a parti sfaccettate della sua stessa figura, alla ricerca di una identità smarrita e priva di connotazione. Scritto in francese nel 1949, subito dopo Aspettando Godot, il monologo costituisce il testo conclusivo di una trilogia che Samuel Beckett aveva iniziata con Molloy e proseguita con Malone muore. Ma, rispetto ai due che lo hanno preceduto, questo libro segna una svolta sul piano stilistico, poggiandosi su di una struttura del tutto teatrale e un linguaggio vocale, che riflettono la nuova fase sperimentale dell’autore. Il testo andrebbe percepito anche come una sorta di risposta letteraria delle ricadute umane subite dalle atrocità della Seconda Guerra Mondiale, posta in un nuovo quadro di riferimento segnato da un nuovo contesto sociale di disgregato disorientamento. Un contesto in cui l’unica certezza è rappresentata dalla magra consapevolezza di essere sopravvissuti ad un destino che per il momento ci concede solo una presenza.