
È il 1522 quando Anna Bolena giunge in Inghilterra, forse alla corte di Mary, ex regina Francia. Di bella presenza, abituata alla vita di corte e fluida nel parlare il francese, è giunta alla corte inglese dopo un’accurata macchinazione ordita da parte del padre. Non è un caso, infatti, che la figlia abbia speso i dieci anni precedenti alla corte di Francia perfezionando la sua conoscenza della lingua francese. E non soltanto perché conoscerla è simbolo di alto lignaggio: le può fornire il biglietto di solo andata per diventare niente di meno che una delle dame di compagnia della Regina, come si auspica suo padre. E infatti così accade. È il 1527 quando Anna torna alla corte di Inghilterra come una delle dame di compagnia della Regina, e in quello stesso anno viene notata da Enrico. “Piena di spirito, sempre impeccabile, sempre in perfetto stile francese, abile conversatrice e musicista, nonché ottima ballerina ed esperta nei giochi di amor cortese”, non passa molto tempo che il Re in persona, nelle vesti di spasimante, avvicini quella giovane donna così diversa da sua moglie Caterina (e non soltanto per età). Una conoscenza nata come tutte le altre scappatelle che Enrico si concede e che Caterina, pur non tollerandole, sopporta purché il marito continui a non avere una amante ufficiale e a considerare solo lei come legittima consorte. Quasi nulla di diverso dunque anche in questo caso, se non che proprio per quella Anna Bolena Enrico ha perso la testa ed è disposto non soltanto a ripudiare Caterina ma anche staccarsi da Roma se il Papa non concede l’annullamento delle prime nozze; tutto pur di sposare quella ragazza dai lunghi capelli corvini e che nella sua giovane età ha insita la promessa di potergli generare finalmente un erede maschio…
Si è soliti pensare che i libri di storia debbano essere quantomeno pesanti e farraginosi nello stile, se non proprio noiosi, per essere considerati meritevoli della qualifica di saggi “seri” e autorevoli. E invece Elisabetta Sala, studiosa e storica, in questo suo L’ira del re è morte. Enrico VIII e lo scisma che divise il mondo smentisce la falsa credenza poc’anzi esposta per regalarci un agevole libro di oltre 200 pagine in cui dettagliatamente si analizza uno degli eventi-cardine non solo della storia dell’Inghilterra ma dell’Europa tutta: il regno di Enrico VIII. Lasciando da parte tutti gli orpelli artistici che hanno reso questa vicenda una delle più trattate non solo nei libri, ma anche nei film e nelle serie tv (vedi la famosissima I Tudors, incentrata proprio sulla figura scandalosa del monarca inglese), l’autrice ricostruisce in maniera puntuale e precisa i processi che hanno condotto a determinate scelte, senza però cadere nel didascalico. L’elemento romanzesco viene mantenuto solo nella prosa: semplice e scorrevole, rende la lettura agevole e non necessariamente confinata all’interno delle ore della giornata dedicate allo studio. Innovativa la presentazione di alcuni episodi, presentati dalla Sala in un’ottica diversa da quella considerata canonica dai libri di storia e che permette a noi lettori di godere di una prospettiva differente. Un esempio è l’analisi riservata alla Riforma luterana e alla conseguente Controriforma messa in atto da Roma. Interessante anche il capitolo dedicato a Robert Aske, leader della ribellione dello Yorkshire nel 1536 e a tutto quello che comportò il cosiddetto Pellegrinaggio di Grazia contro la soppressione dei monasteri, messo in atto da Enrico stesso come capo della chiesa anglicana. Un libro dedicato non solo agli addetti ai lavori ma vivaddio anche – e soprattutto – a chi ha sempre voluto avvicinarsi alla Storia, ma è sempre stato intimorito dalla difficoltà e dalla mole dei libri che se ne occupano.