
Shūichi ha cinque anni e ha pianificato la fuga dalla sorveglianza della madre con una precisione che è un chiaro segno della sua acuta intelligenza. Impugna il manubrio della sua bici con la certezza che quella in cui sta per imbattersi sia un’avventura super. Il suo unico obiettivo è quello di farsi scoppiare il cuore. Il piccolo Shūichi è nato con un soffio al cuore, una lieve aritmia che sua madre ascolta concentrata ogni mattina e ogni sera, esasperando il figlio e convincendolo che dal suo petto esca una non meglio definita profezia. Non gli è consentito sfidare i treni nella corsa, né salire sulle giostre a Yokohama. Non può neppure frequentare i festival estivi, a causa del fracasso dei tamburi e della concitazione generale. Sua madre disegna spesso il suo cuore su un foglio e gli fa notare quel piccolo buco che, se lui corre troppo o si stanca in modo eccessivo, finisce per allargarsi e strappare tutta la stoffa intorno, creando un bel guaio. Quante volte si è sentito ripetere la stessa storia! Ogni volta su un foglio diverso, ma con lo stesso disegno e lo stesso finale. Ecco perché ora è in sella alla bici sul precipizio di una lunga discesa. Vuole cimentarsi in un’impresa pericolosa e vedere cosa accade. Mentre scende a una velocità che non è in grado di quantificare, sente la voce della madre chiamarlo e pregarlo di fermarsi. Anche oggi, che dal giorno di quella folle discesa e del successivo incidente sono trascorsi trentacinque anni, Shūichi ricorda con precisione ogni cosa. Ricorda il muso bianco di un’auto che lo evita di un soffio; rammenta il dolore alla spalla e al braccio, il sangue alle ginocchia e il dente saltato, che gli deturpa il sorriso per due anni. Sua madre, tuttavia, continua a negare che l’incidente sia mai accaduto. Asserisce che è frutto dell’immaginazione del figlio...
In una piccola cittadina alla periferia di Tokyo, in un tempo scandito dalle stagioni ma dominato principalmente dall’autunno, nel magico e reale paesaggio giapponese di cui tutti i lavori di Laura Imai Messina - autrice romana trasferitasi a ventitré anni in Giappone, dove insegna in alcune delle più prestigiose università della capitale - sono intrisi, si snoda la vicenda che vede come protagonisti un illustratore quarantenne, ossessionato dai battiti del proprio cuore, un piccolo ladruncolo che veste i panni di un bambino capace di ridare senso ai ricordi e una donna in grado di insegnare a colorare il mondo di nuove tinte vivaci. Una storia che, come sempre accade con i romanzi della Imai Messina, è insieme una fiaba e il resoconto di un viaggio, compiuto sia in un’isoletta in cui sono archiviati tutti i battiti del cuore che, allo stesso tempo, all’interno del cuore di ciascuno di noi. Anche il cuore di Shūichi ha qualcosa da raccontargli e sta a lui imparare ad ascoltarne ogni segnale, a partire da quella cicatrice in petto sull’origine della quale la madre, come sempre, gli ha raccontato una versione edulcorata. Perché questo fanno le madri: manipolano i ricordi dell’infanzia per rendere meno duri i drammi e le sofferenze dei figli. E quando le madri muoiono, occorre ripercorrerne i passi, andare alla ricerca del proprio passato, rivoltarlo fino a scoprirne ogni anfratto, farsi carico dell’eredità di ogni ricordo e stringere un nuovo patto con ciascuno di essi. Parallelamente, anche l’anima bambina del piccolo ladruncolo, che Shūichi scopre fin da subito ma che non intende smascherare, apprende il significato più profondo della fiducia e impara a misurare le proprie paure con quelle degli adulti, in un confronto che mostrerà come le due realtà, in fondo, si somiglino più di quanto si immagini. E in questo paragone così intenso anche i battiti del cuore assumono un significato colmo di poesia e trovano una collocazione reale, in un luogo battuto dalle onde ma raggiungibile, nel quale tutte le domande del passato trovano risposte e diventano trampolino di lancio per i giorni di un futuro che non spaventa più.