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L’isola del disinganno

L’isola del disinganno

Marcela ha trent’anni e un lavoro mal pagato che non ama. La sua vita è un disastro come l’appartamento in cui vive, disseminato di bottiglie vuote e in perenne disordine. La sua storia d’amore con Diego è naufragata. Hanno pesato in questa fine l’essere più grande di età, il suo sentirsi superiore intellettualmente e i tanti tradimenti fatti per gioco. Si sono conosciuti alla scuola di regia, ma lei non ha concluso nulla, mentre lui sta andando avanti. In questo momento Marcela decide di lasciare Santiago per andare a Punta Arenas, in Patagonia. È lì che vive da quindici anni l’altro uomo della sua vita, suo padre Miguel, con il quale ha un rapporto complicato. Lui ha lasciato la famiglia per rifugiarsi laggiù lontano da tutti, fa una vita tranquilla e semplice. Qualche lavoretto, il pallino del riparare gli è rimasto, fa due chiacchiere con il suo amico Emilio e non ha nessuna relazione sentimentale. Marcela ha deciso passerà il Natale del 2013 con suo padre in quella terra lontana, ma mai avrebbe potuto immaginare che una volta arrivata un altro ospite è nascosto lì. È Lee, un marinaio coreano, clandestino e mal ridotto, scappato da una nave prigione, che pesca e lavora calamari. Una nuova educazione sentimentale aspetta Marcela, è difficile per lei spostare l’attenzione dal suo ego per scoprire di nuovo suo padre e conoscere meglio Lee....

Paulina Flores, dopo la raccolta di racconti Che vergogna del 2019, che le ha valso importanti premi e riconoscimenti, pubblica il suo primo romanzo, L’isola del disinganno, esplorando un nuovo genere. Questo libro che contiene tre storie è insolito e ha un proprio tempo narrativo, pur mantenendo l’emozione e l’intimità dei racconti precedenti. L’autrice ha dedicato quattro anni alla stesura, tante riletture e molto studio preparatorio per farsi un’idea del mare e dei marinai. Ha letto racconti e diari, per capire le difficoltà e i pericoli del lavoro, per poi partire autonomamente. Isola Deception, dove si svolge la storia, è un’isola vulcanica in Antartide, nelle Shetland Meridionali. Lo spunto narrativo parte da un reportage di Rodrigo Fluxá, Misterio en el estrecho de Magallanes, che illustra le condizioni di semi schiavitù dei marinai delle navi fabbrica asiatiche che pescano in quelle acque. Navigano per anni, pescano e trasformano il pesce in condizioni di lavoro davvero inumane. La nave è un punto focale del romanzo. Questo è un mondo galleggiante, popolato da uomini: coreani, filippini, indonesiani, cinesi che lavorano nel Pacifico in solitudine. Paulina Flores è riuscita ad esprimere poeticamente i vincoli e i legami fatti di piccoli gesti che ci sono tra i marinai, poche le parole tra loro non devono perdere tempo, ma con gli sguardi possono passarsi solidarietà e coraggio, per sopportare le angherie dei sorveglianti. L’incontro tra Marcela e Lee è quello di due animi diversi, l’una irrequieta e l’altro prigioniero del suo passato e scappato dalla schiavitù del lavoro. Saranno i gesti e i sentimenti che li aiuteranno a capirsi, superando la barriera della lingua. Tutti i personaggi del romanzo sono nitidi, con forti personalità e il lettore riesce a distinguere perfettamente i dubbi, le certezze e le difficili decisioni che dovranno prendere. Paulina Flores ci porta in un luogo lontano e inospitale, nella Terra del Fuoco, dove i traumi e le ferite delle persone che la abitano sembrano sparsi sulla superficie terrestre, sicuramente più visibili e con cui fare i conti senza mentire.