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L’isola dell’abbandono

L’isola dell’abbandono

Quante storie in quella riunione per “gengle”, i genitori single, madri o padri che siano che si trovano a vivere situazioni diverse, perché diverso è il loro vissuto. Alle riunioni dell’Associazione Genisoli si raccontano un po’ ciascuno, mentre gli altri ascoltano. C’è Franco che combatte con una ex moglie che lo ha mollato per un pilota della Air Dolomiti per seguire il quale gli scarica la figlia spesso e volentieri e ora che la mollata è lei, mentre lui si sta rifacendo una vita con Samy, gli crea difficoltà per vedere sua figlia... Poi c’è Michela che vive da sette anni sola con suo figlio che ha ormai quell’età per cui, con la complicità di qualche compagno di scuola un po’ più sveglio e attento ai pettegolezzi delle altre mamme, la sottopone a un vero e proprio interrogatorio: perché non lo vuole incontrare? Perché non ha diritto di incontrare suo padre? Perché non può almeno indicarglielo da lontano? Lidia sostiene che si dovrebbe solidarizzare in un gruppo del genere, piuttosto che ascoltare soltanto, forse così si possono risolvere insieme i problemi. Lei non è ancora mamma, partorirà la sua bambina, Alba, a breve, ma nel frattempo si è ritrovata da sola. Lei e il suo compagno Pietro si sono progressivamente allontanati. In compenso il suo ex marito è molto presente e poi ha un sacco di amici! Questi e mille altri spunti di riflessione accompagnano la prima riunione di Arianna, da qualche mese mamma di Emanuele, ma poco convinta di continuare la sua relazione con Damiano, che da psicoterapeuta le ha consigliato di seguire quel gruppo e anche poco convinta di seguire altri incontri con gengle...

Che intreccio di situazioni! Storie finite, storie che cominciano, bambini affidati all’uno o all’altro genitore, pensieri che ritornano... come la si mette è sempre una questione d’amore e non giunge a caso, a concludere il libro (non è uno spoiler, tranquilli), la frase: “Se sapessimo di che cosa abbiamo bisogno, non avremmo bisogno dell’amore”, perché è così nella vita, da qualsiasi punto di vista la si guardi. E a pensarci bene, se proprio ci vogliamo mettere in ballo, è quello che muove i cardini anche della nostra vita, perché per amore si fanno scelte che cambiano, che ti portano lontano dalle tue idee iniziali, dai tuoi progetti, dalle prospettive. L’amore per i figli è poi totalitario, diventano il punto di riferimento e ti permettono di respirare, come, di contro, i genitori lo sono per loro, di sicuro per una buona parte della vita. Ma le reazioni a volte sono diverse e ci sono abbastanza storie nel romanzo della Gamberale per avere un’idea precisa della nostra miseria di umani, soprattutto se si guarda a chi scappa e se ne frega, a chi ti annienta e poi ti molla, a chi ti dà tutto (forse troppo?) e non viene apprezzato abbastanza. Al di là di alcune cose scontate, perché in un modo o nell’altro l’abbandono è un genere di situazione che abbiamo vissuto tutti e anche più volte nella vita, c’è un suggerimento proprio geniale: Arianna accompagna la sua gravidanza con una lettera lunghissima che scrive al figlio che dovrà nascere e che un giorno leggerà. È una lettera struggente, profonda, in cui si racconta e in cui racconta i suoi cambiamenti e i suoi abbandoni attraverso la sua storia e il suo difficile amore per Stefano, con i suoi problemi psichici. È attraverso lui che conosce il padre di suo figlio, è per colpa sua che abbandona forse l’unico uomo che l’ha amata davvero.