
Una leggera brezza tempera il sole raggiante di una bella giornata di inizio estate e il tassista Seppo Sorjonen, stanco e sudaticcio, ha concluso la sua nottata di lavoro. Mentre guida verso Tapiola i suoi pensieri sono un po’ tristi; è stufo di non sentirsi padrone della sua vita, di dover andare qua e là dove vogliono i clienti, di sorbirsi le lune di vigili, parcheggiatori e datore di lavoro e pure gli assilli della sua claudicante fidanzata, la signorina Irmeli. Vorrebbe andarsene a zonzo nella campagna finlandese a godersi “le delicate sfumature di verde nei boschi”, altroché. Immerso in queste riflessioni, il tassista è costretto a fermarsi all’improvviso perché un uomo anziano eccezionalmente alto gli ostruisce la strada. Se ne sta in mezzo al traffico della città e sta cercando tranquillamente di annodarsi la cravatta ma un nodo decente non ha alcuna intenzione di andare a posto. Per la verità il sessantottenne Taavetti Rytkönen non si ricorda come si fa e, a dirla tutta, non si ricorda nient’altro. Anzi no, ricorda il suo nome – meno male – e di aver appena prelevato una bella sommetta dalla cassa della Banca Nazionale ma non sa perché, né tantomeno ricorda da dove venga e dove sia diretto. Sorjonen scende dal suo taxi, aiuta l’anziano signore ad annodare la cravatta e se lo ritrova accomodato in auto: “Dove vuole che andiamo?” “Avanti”. Comincia così il viaggio avventuroso del consigliere agrimensore in pensione affetto da demenza senile Taavetti Rytkönen (del passato ricorda benissimo molte cose, compresa la sua professione) e del giovane tassista, presto licenziato dal suo capo, Seppo Sorjonen per alberghi, boschi terre e laghi della selvaggia regione dell’Ostrobotnia. Compagni delle loro mirabolanti avventure saranno strambi personaggi, dal vecchio compagno d’armi del consigliere Heikki Mäkialo, agricoltore stanco della vita faticosa che conduce con sua moglie nella vasta proprietà senza alcun contraccambio da parte dello stato, e quindi deciso a bruciare tutto, a due tecnici bosniaci incontrati in albergo esperti in salsicce che diventano compagni di una allegra caccia al toro, alla piccola combriccola di donzelle francesi dedite al vegetarianesimo e a esotiche religioni giunte in Finlandia per un campo di sopravvivenza. Naturalmente tutto con la compagnia di un gatto dispettoso, tori vaganti, topolini squittenti e la meravigliosa natura di una Finandia generosa ma aspra. Che ne sarà dei due compagni di avventura così curiosamente assortiti e peggio accompagnati?
Leggere le favole surreali di Arto Pasilinna, l’autore finlandese più amato dagli italiani, è come tornare a casa. Giunto alla quinta edizione, questo romanzo del 1991 edito in Italia per la prima volta nel 2001 ci fa ritrovare tutte le situazioni assurde e tutti i personaggi scombinati ai quali l’autore ci ha abituati, e tutti i temi che da sempre gli stanno più a cuore ovvero la natura selvatica e incantata della sua terra, la fuga dal mondo caotico e dalla vita ingabbiata dal quotidiano, l’amicizia come rimedio salvifico che cura tanti mali. Ne Lo smemorato di Tapiola compare anche il tema della vecchiaia, nella sua dimensione di malinconica fragilità; il vecchio agrimensore squinternato – che anche da giovane deve aver vissuto sopra le righe delle convenzioni sociali – fa tenerezza con la sua memoria altalenante minata dall’Alzheimer, ma ancora più tenero è il delicato legame con il giovane tassista che sceglie di regalarsi una parentesi dalla sua esistenza noiosa, forse anche una svolta, per seguirlo e occuparsi di lui, magari ripescandolo dalla fontana nella quale ha giocato nudo a pallanuoto rischiando di congelarsi e curandogli la febbre. Ma pure i personaggi che i due incontrano non sono da meno, anche loro divertenti e tuttavia animati spesso da un motivazioni con un fondo di grande serietà. Per esempio, arriva come uno schiaffo improvviso la risposta del vecchio commilitone di Taavetti nella divertente situazione in cui, preso dal raptus di piromania, gli si muove l’obiezione che forse sta danneggiando il suo Paese: “Mi ha accusato di aver distrutto una parte della patria. Al che gli ho risposto che nelle forze corazzate avevo fatto saltare anche pezzi di patrie altrui. Che non c’è niente di nuovo, ecco”. Uno stile unico e riconoscibile - che agli appassionati di cinema ricorderà certo le storie stralunate di Aki Kaurismäki - in cui le atmosfere sono sempre oniriche ma mai sdolcinate e ricche di una grazia surreale, sempre ricche di personaggi bislacchi e stravaganti, sempre ironiche e spesso irriverenti (e ancora una volta con la presenza di un gatto che fa tanta simpatia ma anche danni). Una particolarità di questa storia è invece che Seppo Sorjonen è un personaggio già presente in un altro romanzo, Piccoli suicidi tra amici, e che a quella vicenda si fa esplicito riferimento. Una lettura gradevolissima, e tuttavia è bene anche suggerire, a chi voglia conoscere Paasilinna, di non cominciare con questo romanzo che, pur divertente e imperdibile per i suoi lettori affezionati, pure non è tra i suoi migliori perché a tratti presenta qualche passo più statico e meno vivace. Un peccato veniale che non impedirà ai suoi fan di ritrovare tra le sue pagine quell’oasi di leggerezza che cerchiamo ogni volta che scegliamo un suo libro.