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Lo spaccone

Lo spaccone

In città allibratori, giocatori d’azzardo e professionisti della stecca ne parlano già da qualche giorno, tra un colpo e l’altro nelle sale da biliardo. Sembra che il giovane Eddie Felson abbia voglia di fare sul serio questa volta e, racimolata un po’ di grana passando di provincia in provincia durante un lungo viaggio con il compagno Charlie, Fast Eddie è finalmente arrivato a Chicago con l’intenzione di sfidare la leggenda del tavolo verde: Minnesota Fats. E così, una volta aperta la porta della sala da biliardo Bennington, basta uno sguardo tra Fast e Fats perché la sfida cominci. Attorno a loro sono raccolti un folto gruppo di professionisti e scommettitori, ognuno con le proprie teorie, ognuno con le proprie convinzioni, ma regole e buonsenso non sembrano contare nulla questa volta. Dopo le prime ventiquattr’ore di tiri d’acchito, imbucate e sponde, il giovane spaccone Felson sembra prevalere sul suo avversario, il campione esperto che nessuno era mai riuscito a mettere in difficoltà. Ma l’enorme Minnesota Fats sembra non curarsi della perdita parziale e, dopo un’abbondante colazione a suon di bacon e birra d’importazione, è di nuovo in pista, pronto per continuare a giocare a 125. Ed ecco che, alla quarantesima ora ininterrotta di gioco, l’esperienza di Minnesota piega letteralmente in due la spavalderia di Eddie che, incredulo, lascia la sala senza più un soldo in tasca, dopo che persino il fidato compagno Charlie ha preferito ritirarsi piuttosto che assistere alla sua rovina. Ad Eddie non resta nient’altro da fare se non una capatina alla stazione degli autobus, dove, seduta da sola nonostante siano le cinque del mattino, una giovane ragazza sorseggia il suo caffè con aria assorta. Avvicinandosi Fast intreccia una breve discussione con Sarah che, dalla sua infelice prospettiva, sembra un ottimo punto da cui ricominciare...

Era il 1959 quando uno sconosciuto esordiente si presentò al grande pubblico con il suo Lo spaccone, un libro che, neanche il tempo di accorgersene, è subito diventato un bestseller destinato nel giro di un paio d’anni a prendere vita sul grande schermo con un’indimenticabile interpretazione di Paul Newman. E in tutto questo Walter Tevis dov’è? Forse indaffarato nelle interviste di rito? Osannato dalla critica? Impegnato a fare a pugni per i diritti con colossi editoriali? Pare proprio di no, continua nel suo umile ruolo d’insegnante in un istituto superiore, mentre frequenta corsi di scrittura – badate bene non come docente, bensì come alunno – e inizia a perdersi nel fondo della bottiglia, vizietto che gli costerà davvero molto, prolungando un lungo silenzio sul piano letterario. Ma del resto Tevis tutto quello che ha imparato lo deve al suo duro allenamento sul campo, sin dall’infanzia segnata da una malattia reumatica al cuore e ad una vita per nulla agiata che, costringendolo a pagarsi gli studi lavorando in una sala biliardo, ha contribuito a far nascere questa stella – forse troppo a lungo dimenticata – delle letteratura americana del ‘900. Quanto al testo c’è davvero poco da aggiungere, è un libro indimenticabile, stupendo, sul quale mi sento di scommettere che molti lettori, inevitabilmente, si immedesimeranno dal primo istante nelle vicende di Fast Eddie: soffrendo per le sue sconfitte, sorridendo di fronte al complicato rapporto con l’altro sesso ed esultando per le sue vittorie. È uno di quei libri, insomma, dove la carta si sgretola e il protagonista è sempre lì al tuo fianco, reale, palpabile, sincero, proprio un grande amico, forse il migliore.