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Lo specchio dei desideri

Lo specchio dei desideri

Claire è una bambina di otto anni solitaria, introversa. Vive con i suoi genitori e ha pochi amici. Un giorno, tornata da una vacanza nel Galles, invece di trascorrere pigramente il pomeriggio in casa, incurante del cielo che minaccia pioggia esce di casa e furtivamente raggiunge la vicina discarica, per tutti un luogo da evitare, pericolosa, maleodorante, ma per lei un posto da esplorare sempre gravido di sorprese e di piccoli tesori in attesa di essere trovati. Ed è in quella giornata uggiosa che inizia a regalare le prime grosse gocce di pioggia che Claire è attratta da un frammento di specchio rotto con i bordi frastagliati, non troppo grande per non essere contenuto in una tasca. La bambina si riflette e la sorpresa di veder rimandare le immagini è grande quando al posto delle pesanti nuvole nere vede un cielo azzurro attraversato da un’enorme aquila. Lo stupore è tale da costringere la bimba a guardare ogni particolare di quel posto attraverso l’immagine riflessa sempre tanto lontana da quella reale. Quel frammento diviene così un oggetto da cui non si separa mai, presenza fissa sia in casa che fuori, tanto che anche i suoi genitori si abituano alla stranezza di quell’insolita compagnia. Ma cosa vede Claire che nella realtà non c’è? Quali animali, paesaggi, persone, atmosfere si celano in un riflesso?

Se Jonathan Coe avesse scritto La pioggia prima che cada dimostrando ai suoi tanti lettori la capacità di afferrare e trasmettere l’inafferrabile; se gli specchi non fossero presenza costante in tanti, ma tanti romanzi che rimandano a luoghi reali o presunti riflessi di mondi interiori, alternativi o proiezioni; se non avesse consegnato ai giovani lettori un finale originale a tutti i costi; allora forse avrei sorriso a questo libro. Ho trovato invece una scrittura poco trascinante e niente affatto poetica, scarna invece che scorrevole, semplicistica invece che efficace. Sono d’accordo che i romanzi di formazione debbano avere più o meno dei passaggi obbligati, ma ad uno scrittore a ragione “considerato uno dei più importanti talenti narrativi inglesi” non si perdonano i tanti cliché e stereotipi proposti ed è un peccato. Un peccato perché i lettori più adulti hanno un costante bisogno di continuare a sognare e i più giovani di imbattersi precocemente in scrittori capaci di trasportarli anche solo con un’immagine in un luogo dove non immaginavano potesse esistere qualcosa. Belle, in ogni caso, le illustrazioni di Chiara Coccorese.