
Federico Rampini ricorda i suoi trenta anni da inviato all’estero. A Parigi ha vissuto e lavorato dal 1986 sino al 1991. In Francia sono anni di splendore culturale, si erige la Piramide al Louvre e si restaura il Musée d’Orsay, il presidente Mitterrand e il suo ministro della cultura Jack Lang sono al massimo della popolarità e cercano di esaltare la grandezza di Parigi come capitale delle belle arti. Il giornalista e la moglie Stefania sono contenti di vivere in Francia soprattutto per l’opportunità di dare ai figli la stessa educazione internazionale che hanno ricevuto loro da piccoli. Per il giornalista Parigi significa anche ritorno a casa: cresciuto a Bruxelles si sente impregnato di cultura francese. In quegli anni i francesi hanno soggezione degli italiani, afferma l’autore, di Gianni Agnelli, Carlo De Benedetti, Luciano Benetton, Raul Gardini. La definizione attribuita al gruppo è “Condottieri” che i francesi pronunciano inevitabilmente con l’accento sull’ultima i. Nella seconda metà degli anni Ottanta “noi” stavamo comprando “loro”. Proprio così. Il rovesciamento nei rapporti di forza è magnifico agli occhi del giornalista italiano. In poco tempo la famiglia Agnelli acquista partecipazioni azionarie decisive in gruppi come Exor-Accor (dagli alberghi ai vini), Le Club Méd e altro ancora. De Benedetti compra un’azienda di componentistica per automobili (Valeo), una banca (Duménil Leblé), poi si lancia nella scalata al conglomerato Société Générale de Belgique la cui sede è a Bruxelles ma che possiede aziende anche in Francia. Gardini è il vero padrone della Béghin Say, gigante dell’agrobusiness transalpino. Di lì a poco arriva anche Silvio Berlusconi, che all’epoca non manifesta progetti politici ma solo mire televisive. Vuole creare la rete tv La Cinq, prima emittente privata in Francia…
Federico Rampini, classe 1956, è giornalista e studioso dotato di grande curiosità intellettuale, e tale costante desiderio di scoprire il lato nascosto degli uomini e delle cose emerge anche nel racconto autobiografico dal titolo L’oceano di mezzo. Così, nel raccontare di sé e delle proprie vicende private quale inviato speciale in giro per il mondo, racconta in realtà pezzi di storia mondiale e svela particolari inediti di importanti vicende politiche apprese in prima persona. C’è sempre un oceano a separarlo dagli affetti e spesso dall’Italia, ma la visione che traspare nello scritto non è localistica quanto piuttosto ampia e capace di abbracciare interi continenti. In qualsiasi luogo abbia vissuto l’autore non limita il proprio racconto alla descrizione fisica del paesaggio né agli aneddoti familiari, pur presenti e disseminati qua e là nello scritto con un certo compiacimento, ma descrive l’aria che si respira nelle città, i problemi sociali che vive la popolazione del globo, i grandi equivoci dello sviluppo economico. La narrazione è dunque autobiografica, con notazioni personali e con citazioni poetiche per ogni grande città in cui il giornalista ha abitato. Una storia di successo da parte di un intellettuale globale che non conserva nulla del provincialismo tipico di tanti italiani che vivono all’estero. Pregevole la copertina del libro in cui è riprodotto un acquerello di Nicola Magrin.