Salta al contenuto principale

L’ombra del fuoco

L'ombra del fuoco

18 maggio 1871, Parigi. Tre soldati della Comune, 105° Battaglione Federato – il sergente fresco di nomina Nicolas Bellec, il sedicenne Adrien e l’omone che tutti chiamano il Rosso – camminano nella notte buia cercando di non far rumore, le scarpe avvolte dagli stracci. Ogni tanto una scarica di artiglieria parte da Mont Valérien, “tuono lontano, rombo funebre”: le truppe di Versailles cannoneggiano Parigi alla cieca, con ferocia. Se non cambiano le cose, tra pochi giorni entreranno in città. I tre soldati hanno una missione e un lasciapassare del Generale Dabrowski. Oltrepassano le barricate, escono in campo aperto. Ovunque rottami e cadaveri. Dopo l’attacco a porte d’Auteil del giorno prima i versagliesi si sono temporaneamente ritirati. In lontananza, oltre il lago, si scorgono le luci dei loro fuochi da campo. Nicolas, Adrien e il Rosso studiano la situazione in silenzio, poi si rimettono in cammino. Il Rosso apre la marcia: frequenta quel bosco fin da piccolo, conosce a memoria i sentieri, le scorciatoie e malgrado il terreno sia sventrato, martoriato dalla battaglia, “si orienta ancora con la strana sicurezza di un cieco”. Dopo qualche minuto arrivano a una postazione d’artiglieria nemica, “due soldati col fucile in spalla in piedi davanti allo sfavillio azzurrognolo di un fuoco quasi spento”. Dal giorno prima quel pezzo da 12 tiene sotto tiro tutto l’arrondissement, sparando due o tre granate ogni ora, distruggendo, mutilando e uccidendo. Adrien e Nicolas posano lo zaino e prendono i coltelli. Il ragazzo si ficca in una buca e chiama con voce flebile i soldati nemici, fingendo di essere un loro commilitone ferito con un messaggio per il Generale Clinchant. I due si avvicinano, guardinghi, uno per volta. Adrien li sgozza come maiali. Poi si asciuga il coltello sulla coscia, tira una pedata di terra sui morti e ci sputa sopra. C’è un altro soldato, dormiva accanto al cannone e ora si è svegliato: è il Rosso a neutralizzarlo colpendolo ripetutamente con il calcio della sua pistola. Poi inzeppano il cannone di polvere da sparo, vi piazzano dentro una granata da 8, accendono la miccia e corrono via. Poco dopo, una gigantesca esplosione illumina la notte. Grida e trombe che suonano l’allarme, ma ormai i tre soldati stanno già rientrando a Parigi. Il buonumore per la temeraria missione compiuta però passa presto a Nicolas e ai suoi due compagni: nessuno è a guardia delle mura della città, “potrebbero passare duemila uomini e nessuno se ne accorgerebbe”, da La Muette a Point-du-Jour nessuno risponde al fuoco, i cannonieri scappano, le sentinelle disertano. “Questa è Parigi! Una povera puttana. I versagliesi non dovranno fare altro che prendersela”…

Subito dopo la catastrofica sconfitta a Sedan contro l’esercito prussiano del 2 settembre 1870, la Francia entra in crisi: Napoleone III viene deposto nel giro di un paio di giorni e viene frettolosamente archiviata l’esperienza del Secondo Impero. Viene proclamata la Terza Repubblica e nasce in fretta e furia un governo di coalizione guidato da Adolphe Thiers, per evitare che la fine dell’Impero conduca a una rivoluzione. Questo rischio deriva dal fatto che l’esercito popolare, la Guardia nazionale (384.000 uomini divisi in 254 battaglioni) – ironia della sorte – è stato armato ad agosto in funzione anti-prussiana. L’1 marzo 1871 però l’armistizio che la Francia firma alle condizioni della Prussia certifica il crollo dell’autorità politica agli occhi della classe popolare e della classe media francesi. Subodorando il ritorno della monarchia, il 18 marzo 1871 Parigi insorge, vuole decidere del proprio futuro. Caccia il governo Thiers e il 26 marzo elegge direttamente un governo cittadino. Al rifiuto di piegarsi alle condizioni imposte dalla Prussia segue una febbrile fase legislativa ispirata nella sua azione di governo a principi socialisti di marca proudhoniana. La Comune di Parigi – con sede all’Hôtel de Ville – adotta come simbolo la bandiera rossa, elimina l’esercito permanente e arma i cittadini, stabilisce istruzione laica e gratuita, rende elettivi magistrati e funzionari, allinea gli stipendi di funzionari pubblici e membri del Consiglio della Comune a quelli degli operai, boicotta in ogni modo la religione, elargisce pensioni a vedove e orfani di guerra, ordina libertà di stampa, pensiero e associazione, arriva persino a permettere ai lavoratori di gestire le fabbriche per conto loro. È davvero troppo per le forze conservatrici francesi: il governo Thiers e l’Assemblea nazionale, in esilio a Versailles, sin da aprile mettono insieme un potente esercito guidato dal Maresciallo di Francia Patrice de Mac-Mahon che marcia verso la capitale, espugnandola il 21 maggio nonostante una strenua resistenza. Nella cosiddetta “semaine sanglante” i governativi scatenano una repressione di inaudita ferocia: 20.000 tra i rivoltosi vengono uccisi e i tribunali decretano migliaia di condanne e deportazioni. La Comune di Parigi è durata soltanto dieci settimane. È proprio nei giorni immediatamente precedenti alla sua caduta che Hervé Le Corre ambienta questo suo magnifico, imperdibile romanzo, senza alcun dubbio uno dei più belli del 2020. Quando si capisce che il plot vira verso il thriller storico quasi quasi si prova delusione, si ha paura che una scelta per certi versi scontata, se non addirittura banale, possa sporcare l’affresco storico di bellezza mirabile che l’insegnante di Bordeaux ha dipinto nelle prime sessanta pagine del romanzo. Ma niente paura, niente cadute di stile, anzi sulla scena entrano nuovi, fascinosi personaggi: tra tutti lo spaventoso villain Henry Pujols, spietato predatore che approfitta del caos per percorrere indisturbato la sua strada di stupro, perversione, violenza e morte ma non ha fatto i conti con Antoine Roques, ex rilegatore eletto commissario del X arrondissement, un poliziotto dilettante, ma pieno di fervore rivoluzionario e deciso a difendere il “suo” popolo a ogni costo, nonostante la Comune stia per cadere. E non sono soltanto l’ambientazione stupenda e un plot serrato a rendere L’ombra del fuoco un libro assolutamente da non perdere: c’è soprattutto la scrittura elegantissima, densa di idee e suggestioni, emozionante. In Europa oggi non c’è nessuno bravo a raccontare il buio come Hervé Le Corre.