
Camilla Doveri è una studentessa diligente, studia Psicologia di Comunità a Bologna ma non riesce ad essere come gli altri studenti. Ha scelto quella facoltà per riempire i suoi vuoti con delle spiegazioni, per capire quanto l’essere cresciuta senza una madre può giustificare il suo essere così diversa, arrogante, cinica, rissosa, sfuggente. Il fine settimana non resta mai in città a coltivare le conoscenze universitarie come gli altri fuori sede. Spesso raggiunge sulla costa ligure il padre Giorgio, che, dopo essere stato fatto fuori e incolpato del fallimento di una grande azienda, vive come un eremita in una casa immersa nei boschi. Nonostante spesso non capisca come il padre possa essersi rassegnato a un’esistenza tanto umile nonostante le sue capacità, Camilla ama immensamente Giorgio e solo con lui riesce a sentirsi in pace. Poi un giorno il padre viene informato del ritrovamento della moglie e madre di Camilla, Aida, in una comunità di recupero per tossicodipendenti. Il legame sempre più stretto che si crea tra Camilla e una compagna di corso, la paura di lasciarsi andare, il ritorno improvviso della madre e il mistero intorno al suo passato e ai motivi che l’hanno portata ad abbandonare un marito e una figlia, portano Camilla a mettere tutto in discussione. Cambia facoltà, studia diritto del lavoro e gestione delle risorse umane, si fa assumere nell’azienda dell’ex amante del padre; entra in quel mondo di intrichi, speculazioni, ricatti, ingiustizie che avevano causato la rovina del padre…
Se si va sulla pagina web di Simone Cerlini, dopo poche righe sull’autore, si trovano i ritratti ben più particolareggiati e romanzati dei componenti del suo albero genealogico: la nonna, la madre, gli zii, il nonno, il padre. Cerlini ci mostra sé stesso attraverso la storia della sua famiglia e le sue radici emiliane, narrandoci di un passato di resistenza al fascismo e poi di resilienza alla crudeltà di un mondo del lavoro in crescita, al capitalismo che ha costruito il suo vigore sulla pelle dei più umili e meno tutelati. La storia raccontata ne L’ora muta si ispira a vicende che hanno riguardato il padre dell’autore. Permea il romanzo il tentativo di dare un senso ai frammenti di una storia familiare, il bisogno di dare voce a persone rese fragili da un mondo del lavoro fagocitante, ma che fragili non sono affatto e hanno sempre dovuto lottare più degli altri, avendo meno privilegi. Per tutti questi motivi, L’ora muta merita di essere letto. Si troveranno parti più poetiche, parti più tecniche, aggiunte sperimentali: un trattamento per un film mai realizzato, interviste, capitoli corali; in un ammassarsi di informazioni e personaggi che pretendono il loro spazio nel romanzo. Non è un libro per chi non ha la pazienza di costruire insieme all’autore una trama, per chi cerca un romanzo consolatorio. Come accade per le favole, è importante che L’ora muta ci parli dei mostri dell’industria e ci insegni a riconoscere il lupo quando ce lo ritroveremo davanti, ma anche gli eroi e le eroine dei nostri giorni, che hanno scontato sulla loro pelle la ribellione a un sistema malato.