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L’orrore e la bellezza

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Davide Cerullo nasce a Napoli due giorni prima del Ferragosto del 1974. Siamo nella periferia nord, in via Mianella. Tra Scampia e Secondigliano, per intenderci. I Cerullo sono allevatori di pecore da generazioni. Il padre – concepito da sua madre con un soldato americano nel Bosco di Capodimonte – è un uomo violento e anaffettivo, mentre la madre è una donna debole che cresce con devozione i suoi quattordici figli. Il linguaggio della violenza che Davide respira nella sua fredda casa non è così diverso dalle mazzate che riceve a scuola, tanto dagli insegnanti quanto dai compagni. Solo una è la figura positiva che Davide incontra nei primi anni della sua vita, il maestro Daniele con cui ha condiviso quell’anno vissuto nelle campagne di Cassino. L’oasi felice di quei mesi, però, si conclude presto quando i Cerullo devono rientrare a Napoli e trasferirsi nella loro nuova casa, la 167 di Scampia. O le Vele, come tutti impareranno a chiamarle. Lì Davide rimpiange la familiare miseria dei casali di Mianella e la dignitosa povertà delle campagne laziali, senza al contempo riuscire ad assaporare il gusto della modernità che si respirava negli stessi anni in altre parti della sua città. E così, tra il terremoto dell’Irpinia e l’abbandono del padre, Davide cresce senza eroi. O meglio, con tutti gli eroi sbagliati: il Topo, ‘o Zio e perfino Paolo di Lauro detto il Milionario. Davide incontra la camorra con i suoi boss e, naturalmente, con la sua droga. E iniziano così le piazze di spaccio, i turni, le retate e, infine, l’arresto. Portato a Poggioreale appena diciottenne, ne uscirà alcuni mesi dopo totalmente insoddisfatto: la sua vita di prima sembra (forse) non bastargli più. Davide Cerullo è, finalmente, risorto…

È molto difficile riportare lo spirito che si respira nelle pagine di quest’autobiografia senza cadere nel pietismo e nella compassione. Davide Cerullo, fondatore dell’associazione L’albero delle storie con cui parla ai ragazzi che abitano le stesse piazze in cui un tempo spacciava, affronta la ricostruzione difficile della sua vita senza mai rinnegare il dolore sofferto. Lo esplora, con precisione, in ogni direzione. Della propria esistenza cerca di capire i punti deboli, le svolte obbligate, le mancanze e i desideri inespressi. Soprattutto, tenta di ricostruirne i motivi. Quello che Cerullo fa è, insomma, cercare di spiegare – ma non di giustificare – come un adolescente assetato di vita finisca per farsi trascinare nella spirale di morte offerta dalla delinquenza e dalla camorra. È un testimone, Davide. Un sopravvissuto, anzi. Ma non un alieno: la sua storia non è, infatti, così diversa da quella dei tantissimi ragazzi che abitano le nostre periferie e che, abbandonati a sé stessi, trovano conforto solo nelle mani accoglienti ma sporche della delinquenza. Attenzione, sembra dirci Cerullo, la periferia non è il quartiere più lontano dal centro, è lo spazio da cui far partire una nuova umanità.